Mi chiedevo come mai la produzione di un certo Allen del film tratto dal romanzo di un Golding, potesse capitare in mano ad un mr. Brook, Inglese considerato uno dei più grandi registi shakesperiani di sempre; poi mi è venuto in mente di un famoso Brooks ebreo (Mel) e allora ho fugati i miei dubbi leggendo su "All about jewish theather" dei suoi genitori, immigrati Russi a Londra...
I conti tornano.
I conti tornano.
Il film in questione è ovviamente:
Lord of the flies (1963)
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dove il mito del Buon Selvaggio -e tutti i possibili significati allegorici che vanno oltre il più banale e accessibile all'utenza (uccidere i porcellini per mangiarli è giusto, uccidere Piggy è sbagliato - a meno che non sia quella dei Muppets - perché non si può mangiare)- deve passare per il filtro della moderna confabulazione mitologica tradizionale condivisa da Giudei e Gentili e derivata dai libri della Torah (Pentateuco) in cui compare anche il simpatico Signore delle Caccole qui reinterpretato in chiave scolastico-post-bellica. Tutto quello che ha da dire Lord of the flies lo dice in una sola frase uno dei bimbi meno loquaci del gruppo -e dall'aria non troppo furba- a proposito dell'esistenza di una fantomatica "Bestia": "What I mean is... Maybe is only us."
E' proprio tutto qui; l'esattezza della sua affermazione viene poi esposta con dovizia di particolari, con tanto di chiappette nude fustigate che avranno sicuramente fatti incazzare molti preti spettatori. Ma non mi sembra che ci sia nient'altro di rilevante, riguardo il tema trattato.
Come osservava l'altra notte Sam Fuller, anche qui il bianconero rende estremamente realistica la natura selvaggia dell'isola, in un opera fotograficamente eccelsa nel 1963 e notevolissima ancora oggi, affiancata alla improvvisazione degli attori non-protagonisti:
funestata solo da uno strano doppiaggio che non mi aspettavo certo in una ver.or, il quale dà una strana sensazione di macchinosa teatralità a questi ritagli di sessions puerili naturistiche su una scena altrimenti incontaminata.
Ancora a proposito di "beasts from the sea", e cattivi selvaggi, colgo l'occasione per recensire brevemente l'ennesima delusione ricevuta l'altro giorno, purtroppo da un film certificato Aussie, l'inverecondo
Long Weekend di J. Blanks (2008)
dove Gesù Cristo risorto, sbarbato e abbronzato, porta la sua signora ad una vecchia spiaggia diroccata Australiana dove potrà bere whisky e birra, fumare sigarette e abbandonare sacchetti di plastica che puntualmente soffocheranno un cucciolo di dugongo; il classico esempio di Cattivo Selvaggio Cittadino, il prototipo del turista globale. Tirando in ballo per l'ennesima volta il mostro simbolico made in Israel, la bestia degli abissi, qui si cerca di rimodellarla in guisa ecologica come Vacca di Mare, madre disperata del cucciolo implasticato in cerca di vendetta; con un dettaglio inquietante ma incontrovertibile:
che lei stessa è di plastica.
Cercare di focalizzare poi su questo patetico zimbello l'orrore dell'isolamento e le incertezze della separazione, è un'impresa disperata in cui nemmeno il Messia Gibsoniano può riuscire; sarebbe forse stato meglio sottolineare l'artifizio polivinilico della Povera Bestia e puntare tutto sull'ironia, ma il film inizia male e finisce peggio, con l'unica sequenza degna di nota nel finale:
(warning: bloody spoiler!)
quando il superstite della coppia -interpretato da un manichino di JC Penny ripieno di vernice rossa- viene inavvertitamente macinato da un Mostro della Strada; guarda caso, lo stesso simbolico mostro che Spielberg aveva usato per interpretare il moderno Leviatano nel suo classico The Duel, prima del successo internazionale di Jaws...
Ma questo lo sapevamo già da molto tempo, non c'è modo di parlare di un giudeo senza parlare di una qualche bestia; nel caso particolare, come ha notato anche lo IMDB user, l'unico che -almeno in senso figurato- si salva qui è il cane. Cane in senso letterale, si intende, senza allusioni alla brutalità recitativa dell'ex-Nazareno in versione Big Jim.
Un altro film che non è "da dimenticare", ma semplicemente mi riuscirà molto difficile ricordare.