Conosciuto qualche giorno fa attraverso questo "premake" di Raiders of the Lost Ark su Youtube
e pescato subito dal torrent in un file di infima qualità televisiva, questa sera è il turno di
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dove Charlton Heston veste gli inconfondibili panni dell'Avventuriero (Harry Steele)
col pallino dell'archeologia che poi toccheranno a Harrison Ford; completo in ogni dettaglio tranne la frusta, ma con una barba incolta che negli anni '80 era una moda, mentre nel '54 era roba da uomini veri.
Stranamente non troviamo affinità altrettanto palesi nella sceneggiatura, a parte una breve gita in gommone con donzella di città che fu ripresa e arricchita in Temple of Doom
e il monile che indica il tesoro riflettendo la luce
anche se, conoscendo i precedenti storici della popolazione giudaica hollywoodiana, sappiamo che le varie tessere del mosaico lucaspielbergiano si potrebbero rinvenire tutte in simili prodotti multimediali vintage; una spedizione nell'archeologia cinematografica -e letteraria- che concedo volentieri ai miei lettori più avventurosi.
Il film di Hopper è ambientato per una buona metà tra le misteriose rovine di Machu Picchu
dove si nasconde il titolo, e non ci concede molto dei reali misteri megalitici e "paleoastronautici" locali
come le mura di Cuzco
che servono solo da sfondo mentre indugia, secondo i canoni dell'epoca, sugli aspetti "romantici" e musicali delle vicende di Harry & C., compresi due insistiti intermezzi offerti dalla sovrumana estensione vocale di
Yma Sumac
(forse l'unico personaggio dello spettacolo peruviano divenuto famoso negli USA) che si meritava sicuramente il soprannome di "usignolo delle Ande", ma in compenso qui canta della roba che non potrebbe essere più lontana dalle tradizioni della sua gente; il che rende i suoi interventi comici e quasi-surreali, fintanto che non diventano noiosi... I suoi compaesani la guardano e sorridono, bonari:
"It's only a movie"
Giudizio: so '80s. Che è gran bel giudizio, per un film degli anni 50.