04/12/09

Di male in peggio

O "i giochetti crudeli del fato".
E certo, il fato non esiste; ma non è passata una settimana, da che vedevo i miei "sogni filmici" finiti... in un altro sogno, apertamente e anche piuttosto volgarmente onirico, come quello di Science of sleep; questa sera, per colmare la misura, mi vedo un remake a mia insaputa; un film che ho pescato innocentemente dal Torrent dov'era classificato come horror.

Funny Games U.S. di M. Haneke (2005)
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non è un film horror; tutt'altro. E' un thrilling giocato esclusivamente sulla tensione emotiva, sul pathos; nel film vengono trucidati una coppia di adulti, il loro bambino e il loro cane, sugli scenari idilliaci della loro casetta di campagna; ma non assistiamo ad una sola uccisione -se non "indirettamente", attraverso l'audio- e il tutto avviene alla luce del sole, oppure, nella calda atmosfera del salotto, abat-jour e TV accese. Niente luoghi sinistri e squallidi, come quelli che mi hanno propinato ieri con Hurt (che ho evitato di menzionare) per creare un disagio sociologico -- di fronte al quale poi ogni conseguenza horrorifica sembra ovvia e banale. E soprattutto, niente sinistri figuri, uomini con cappello e impermeabile, uomini mascherati o mostri deformi; Funny Games è la famosa scena di Cary Grant / Kaplan nel campo di grano (in North by Northwest) portata alle estreme conseguenze -- qualcosa come 40 anni dopo. Non soltanto gli scenari sono agli antipodi di quelli del genere (ma questo non è più un caso unico, o raro, oggidì) ma anche gli assassini sono due giovani adulti eleganti, biondi, ben azzimati e d'eloquio forbito.


Che siano tossicomani -come asserisce uno di loro- o che siano gay -che si lascia intendere dai loro modi eccessivamente affettati- non abbiamo alcuna prova per dimostrarlo; portano sempre i guanti bianchi, e non dicono una sola parolaccia, a parte "Butthead" (inteso però come personaggio televisivo). Al contrario, sappiamo bene che sono assassini-a-sangue-freddo; ma questo contrasta fino alla fine con il loro comportamento e con il loro aspetto perbene. Non possiamo liquidare Funny Games U.S. -perlomeno, non l'idea filmica, o l'onda scaturita dall'originale Tedesco, che purtroppo mi manca- come semplice remake, per almeno due motivi. Nel bel mezzo di un climax piuttosto denso, l'assassino che ha già sfondata la quarta parete con il suo solito aplomb glaciale arriva al trucco citazionistico (Click) e impedisce l'uccisione del suo complice riavvolgendo il film stesso; è la trovata meno felice -tanto che si infrange la regola dell'uccisione fuori scena, solo per poi "rimediare" con l'artificio elettronico-, ma è anche la più esplicita e quindi forse l'unica comprensibile per l'utenza televisiva e telecomandante.


warning: spoiler!

E' la rottura della Quinta Parete, quando il personaggio interviene direttamente sulla struttura filmica con l'aiuto di uno strumento di comando universalmente riconosciuto; e questa volta perlomeno non è una trovata che deve sostenere tutto un film, ma all'interno di un film il cui jeu-de-massacre è aperto fin dal titolo, e a differenza degli stupidi giochetti mortali proposti dall'assassino, funny.

Così, ci chiediamo, ora che il trucco è svelato al di là di ogni ragionevole dubbio, quando è ormai certo che Funny Games è un gioco, oppure "soltanto un film", quella stessa formula di paradossi visivi, di ottimi attori ben diretti, quella tensione emotiva che chiamano pathos, basata su quegli stessi trucchetti, funzionerà ancora? Ma non c'è modo di saperlo, il film finisce proprio quando il tutto sta per venir messo in scena di nuovo; altra casetta di campagna, altra famiglia borghese, altri giochi e altro film -che non vedremo. Dunque, divertente. Very dark, e abbastanza poco Americano, o forse abbastanza Tedesco da sostenere tutta l'americanità dell'operazione, avvalendosi della stessa come complice involontaria.

Le dolenti note, e il secondo motivo per cui IO non posso fare a meno di essere mio malgrado interessato da questo film, riguardano ovviamente un altro "sogno", e sempre -guarda caso- il mio personale, che progettavo di mettere in scena una tale situazione d'assedio e violenza assolutamente gratuita (compreso lo scotch marrone alle caviglie) con i miei più fatidici e sofisticati elementi di contrasto, fino ad un finale che non avrebbe nulla da invidiare a My name is Bruce, o No Land for old men. Il titolo di lavorazione era "Miniatures", datato ufficialmente 1991. Questa volta lo spoling messo in scena da Haneke contro i miei sogni stagionati non raggiunge la profondità della stop-motion superflua di Gondry, ma è ancora sufficiente a ferire il mio orgoglio cinematografico, e a farmi pesare le catene di Rivoluzionario del Cinema costretto al giogo della scrittura elettronica. Alla violenza della stasi.

Ora come non mai, mi rendo conto che soltanto una valigia piena di denaro, e non di tritolo, è la via di uscita più sicura, per morire ogni giorno di questa vita con la dignità che si merita il Gioco, attraverso l'idealizzazione del film.
Spero di trovarne una sulla mia strada, domani.

P.S.: dai commenti su IMDB intuisco che il film è una riproduzione esatta dell'originale Funny Games del 1997, "frame by frame"; se questo corrisponde a verità, la "rivelazione" del telecomando passa da "citazione" a trovata che da sola è in grado di reggere un film; o perlomeno, una commedia Americana

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