30/01/10

Nelle fauci del gatto

La patologia del mio amico (e) Beniamino mi proietta improvvisamente nel baratro dell' umanità: intesa come specie animale che alleva individui di altre specie -per mangiarle o per trastullarsi- ma anche come "sentimento", che però il Garzanti ci assicura limitato alla sua stessa genìa, "di fratellanza e solidarietà fra gli uomini; capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri: una persona piena di umanità". (corsivo mio) Gli "altri" qui, è ovvio, sono sempre gli "uomini".

Mi rendo conto della mia carenza di questo ingrediente nel contesto dell'umanità stessa -quella che descrive il Garzanti- perché se anche una persona mi riesce simpatica è molto probabile che in compagnia di un'altra non sia più la stessa; e 10 persone sono un mucchio di letame. Comunque sia, al di là della costanza di questo atteggiamento sociopatico -che per qualcuno è sinonimo di psicopatico, ma da solo mi sopporto benone, e con poca spesa- insisto anche nell'assecondare le simpatie spontanee che in genere sono il primo ad esprimere nei confronti dell'altro (qui, è ovvio, non sono gli "uomini") ma non sempre.
Soltanto ieri condividevo la sofferenza, per quanto la sua origine fosse ignota, di un illustrissimo sconosciuto incontrato sulla via, ove colui sedeva nel mezzo, e nell'indifferenza dei cittadini umanoidi. Dopo aver scambiato due parole con lui, mentre accompagnavo quella bestia di A.S. alla sua bestiale vettura, sono tornato solo per rendermi conto di avere incontrata un'altra anima dannata, infinitamente triste e assolutamente solitaria; allontanandomi, poi, l'ho visto tornare a sedersi al centro della strada, in attesa che qualche automedonte miope infrangesse i limiti di velocità sull'entrata del centro abitato.

E oggi, davanti al mio vecchio compagno che irradia un sentore tipico di malattia -e oltre all' evidente fastidio che lo affligge sbava copiosamente, un particolare scenicamente efficace- ho avuto un breve crollo verticale per ritrovarmi ancora sulle mie solite gambe, sulla solita strada verso il nulla. Benché la sofferenza del caso sia stata dottorescamente classificata, le terapie e i loro effetti proposti dalla scienza sono abbastanza caotici, incerti, o inumani, da non lasciare alternative alla tristezza, sul momento. Eccola qui: è un post, sul mio blog.

29/01/10

Banana spaghetti

Tutta la prima parte del film

A woman under the influence di J. Cassavetes (1974)

in cui la donna del titolo -impersonata da Gena Rownlands, molto credibile nella parte di donna- viene colta da inspiegabili moti pollicistici e conati di pernacchie, è imbarazzante.
Sono imbarazzanti anche le memorie evocate da questa pièce domestica, a proposito dell' essere donna, e dell'inspiegabile bisogno di nulla che esse evocano nelle loro controparti in fondo al cielo.
Francamente, non so cosa significhi questo film; la ironica macedonia di "bananas" e "nuts" (sinonimi di "picchiatello") in cui sguazza la povera donna non sembra adattarsi alla ironica dieta a base di spaghetti, che ironicamente fa rima con Longhetti, il cognome del marito:


Peter Falk, che qui sembra recitare la parte di John Cassavetes: qualche tempo fa abbiamo letta questa notizia, a proposito del falso Italiano e dei suoi problemi personali, dove si dice che Nick Longhetti è il vero nome dell'attore; ora sappiamo che è il vero nome del suo personaggio in questo film, mentre qui apprendiamo che, a dispetto delle sue famose parti da terrone,"Colombo" è mezzo Polacco e mezzo Russo. Ovviamente, ebreo.

Questo film rappresenta la capacità di Gena Rowlands -moglie del regista- di fare la banana, con risultati perlopiù fastidiosi; riguardo gli spaghetti, dubito fortemente che li abbia cucinati davvero lei sul set, e questo è quanto.

Morale: mai fidarsi delle notizie riportate dai blog.

25/01/10

Biologia dei sogni

Della visione di questa mattina posso annotare solo l'allineamento di quattro "cellule".

Quattro ore dopo, mi chiedo ancora quale potesse essere il significato di tale visione ma immagino che, qualunque fosse, era abbastanza importante da ripeterlo per un numero indefinito di volte;
non saprei dire se la visione fosse quella di uno schermo di computer o "digitale" in sé, senza media di sorta; probabilmente le immagini erano quelle di una sequenza molecolare. Devo anche annotare il fatto che mi sono svegliato un paio di volte prima che suonasse la sveglia, per poi riprendere il medesimo sogno.

Mi sono reso conto che il mio primitivismo non si limita all'eliolatria, quando mi sono trovato a condividere pienamente l'idea espressa dagli indios dell'Amazzonia del film Fitzcarraldo (visto ieri con MM2) che "pensano che la nostra vita non esiste, che sia soltanto un'illusione dietro la quale si nasconde la realtà dei sogni"; in questa illusione il mio destino non è diverso da quello del protagonista, con l'unica differenza che non posso permettermi di comprare una nave. Ma in qualche modo la piena consapevolezza di questa realtà illusoria riesce ancora a tenermi a freno.

Del film di Herzog, straordinaria impresa di cui si è già parlato fin troppo negli anni '80, e di cui sto scaricando la parte + significativa -il making of- ricorderò soprattutto il tigrillo (oncilla) domestico:

di xonocliana memoria, e i capelli di "Cervantes":

che MM2 definisce "un casco". Sorprendenti.

24/01/10

The Bomb

Dopo la illuminante visione di

Trinity and beyond di P. Kuran (1995)

dove in un'ora e mezza vengono snocciolate soltanto poche decine dei test nucleari USA, mi informo su Wikipedia, scoprendo che i tests nucleari sono stati almeno 2000, di cui più della metà Americani. Ovviamente, non tutti sono stati condotti sul suolo, nell'aria o nelle acque degli USA, e in varie parti del mondo sono visibili ancora i crateri radioattivi, o suggestive colate di cemento come questa:

Sicuramente agli abitanti di Hiroshima e Nagasaki è bastata la visione di una sola detonazione, ma per tutti gli altri è consigliabile vedersi questa sequela ininterrotta di flash, funghi e fallouts, solo per avere un'idea meno vaga del potere distruttivo dell'umanità coeva.

Possibilmente evitando la patriottica narrazione di William Shatner, e le musicone trionfali che accompagnano le immagini. Dopo tanti boom, il silenzio è l'unico commento adeguato.

Abbiamo ancora tanto da imparare.

E comunque mi resta il sospetto che questa tecnologia nucleare sia stata sviluppata per scopi ancora più o meno ignoti; e immagino che resterà un sospetto.

Piccoli Tedeschi nell'ombra della Grande Guerra

L'altro ieri mi sono svegliato con un orribile "torcicollo" che per qualche tempo ho temuto essere il prodromo di qualche grave malattia degenerativa o invalidante; il motivo di simili preoccupazioni è dovuto ai più acuti e lancinanti dolori che io abbia mai esperito al di fuori del cavo orale, ovvero, non dovuti a problemi dentali. Data la loro particolare acutezza, ho motivo di ritenere che si tratti ugualmente di dolori di origine nervosa, che interessano la base del collo e si irradiano alla spalla destra fin sotto la scapola. Invece di attenuarsi nel tempo, il problema si è aggravato a tal punto che a sera non ho potuto letteralmente cenare; infatti il particolare movimento del braccio che portava il cibo alla bocca era eqivalente ad una coltellata in questa zona della nuca, ma come si può ben immaginare, trattandosi di nervi, dei colpi di coltello sarebbero stati più graditi. Nondimeno, il solo restare in posizione seduta era doloroso, rischioso perché un solo movimento sbagliato rischiava di costringermi a trattenere le lacrime o un urlo.
Dopo essere riuscito a prendere sonno nell'unica posizione in cui restare sdraiato non mi procurava fitte lancinanti, ieri mi sono svegliato di nuovo apparentemente rimesso, ma per tutto il giorno ho mantenuto il collo curvo in avanti, evitando accuratamente di alzare la testa per non essere pugnalato alle spalle da questo implacabile assalitore interno. Nella mia longeva carriera di paziente i picchi di dolore assoluto, capace di offuscare la mente e -se non altro- ricordarmi molto da vicino l'impulso puerile del pianto, sono stati causati dalla perdita di due denti; il mio paragone dunque è avvalorato dall'unica cognizione possibile, dell'averlo sperimentato di persona.
Il terzo giorno, infine, la zona è ancora dolorante ma ho riacquistato la posizione eretta e posso servirmi tranquillamente del braccio destro e dell'articolazione per muoverlo senza problemi. Ne scrivo perché si tratta di un episodio -fortunatamente- unico, nella mia esistenza, ma soprattutto per la sua peculiarità; può davvero bastare una "posizione strana" assunta nel sonno, oppure "un colpo di freddo" per causare due giorni di semi-paralisi e l'infiammazione di un certo nervo (che ho identificato come nervo accessorio spinale, che di fatto interessa il muscolo trapezoide) di tale entità e durata?
Un episodio simile può essere causato da una "ernia del disco", che in genere è causata da un grosso sforzo, e sicuramente non scompare dopo due giorni.

Svegliandomi questa mattina stranamente sollevato, non dovendo più tenere la testa protesa in avanti e non avvertendo più la minaccia incombente ad ogni movimento di collo e braccio, mi sono guardato allo specchio con uno sguardo... interrogrativo. Una particolarità della mia mimica facciale consiste nel fatto che tendo a sollevare solo il sopracciglio sinistro; lo comprova l'osservazione di una sedicenne conosciuta 23 quasi anni addietro, e il fatto che le rughe d'espressione sulla mia fronte -23 anni dopo- sono più marcate sul lato sinistro. L'aspetto interrogativo-enigmatico del mio sguardo di questa (anzi, ieri) mattina è che me lo sono lanciato allo specchio usando entrambe le sopracciglia! Stupefatto, sono rimasto a guardare la mia fronte muoversi su e giù in modo simmetrico, contrariamente ala sua tendenza "sinistra". E' un cambiamento del tutto inatteso, che ovviamente è conseguenza del suddetto episodio neurologico.

Così questa sera ho sollevato entrambe le sopracciglia, dopo la visione di


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che è un gran bel film, a prima vista. Al contrario del suo precedente Funny Games U.S. (2007), che al primo momento mi aveva indisposto per la sua violenza garbata, censurata e selvaggiamente urbana, ma in fin dei conti era abbastanza originale (non sapendolo remake di sé stesso) da soddisfare chi considera questa come la qualità più preziosa in un film;


Grande casting: mai si erano viste tante facce ottocentesche in un interno solo

il che non è sempre vero, e la seguente visione di Le temps du loup (del 2003) ne fu la prova, con la sua noiosa vaghezza e l'aneddotto del cavallo a funestarlo gravemente (V.)

Quest'ulteriore studio di Haneke sulla violenza, garbata, censurata e bucolica, qui al 99% mascherata da perbenismo altoborghese ottocentesco o genuina bifolcheria, indistintamente, è incentrato sulla figura delle creature più violente, immorali e minacciose mai concepite da mente umana, e purtroppo non solo dalla mente: i bambini.

Ma non si tratta di un horror psicologico in costume à la Mulligan -The Other- o un "thriller escatologico" in costume -The Others-; non è per niente "altro", e soprattutto non è horror. Il film ci pone di fronte agli eterni orrori umani (incesto, pedofilia, vendetta, gelosia, schizofrenia infantile, donne, guerra, etc.) nell'atmosfera sana, severa, bigotta ma di una genuinità ormai incomprensibile nel caos del XXI secolo, e immediatamente ne fa un oggetto di analisi sociologica, un caso umano (dell'essere umano) che soltanto in una sequenza snuff à-la Vogel potrebbe esprimersi con tutta la sua moderna repellenza, per increspare appena la superficie di questo incantevole quadretto che permane remoto e teutonicamente impassibile fino alla fine, quando l'impressione iniziale della sua bellezza ruspante è una certezza epocale che ha ormai sottomesso le trame da telenovela macabra al potere evocativo delle immagini, del bianconero, e delle immagini in bianconero soprattutto.

E' quel tipo di film che in un post vedrei corredato da un migliaio di fotogrammi, ma di cui non ho molto da scrivere.
Risultato: fotografo 1, regista 0, ma valeva la pena di seguire tutta la partita minuto per minuto.

E poi, devo ammetterlo, Eva è quel tipo di donzella che inviterei volentieri per una scampagnata in calesse.... Come se il suo nome non la dicesse abbastanza lunga.

22/01/10

A sticky question

Tutto inizia con questa "Top ten bizarre paranormal phenomena" su Listverse. Non saprei dire perché questo particolare argomento -al 3° posto nella classifica- e non invece la "piccola gente" o gli "uomini-ombra", per fare un esempio, abbia sibito attirata la mia attenzione spingendomi a una lunga ricerca e una piccola serie di scoperte che hanno occupato l'intero pomeriggio; the black stick men.
Su internet non esistono foto o video, e le due rappresentazioni grafiche reperite non sono esattamente dei capolavori; del resto, ammettiamolo, anche dipinto da Bouguerau un "uomo stecco" non può presentare delle qualità estetiche particolarmente pregevoli. Specialmente di profilo, dal momento che nella maggior parte dei (pochi) avvistamenti di tali entità esse vengono descritte come bidimensionali. E a tale proposito, mi chiedo se invece gli "shadow people" siano tridimensionali, o se piuttosto non si tratti dei medesimi uomini-stecco visti in particolari condizioni... La migliore descrizione di un incontro con una di queste entità notturne filiformi è probabilmente questa su Pararesearchers, che racconta un avvenimento senz'altro spaventoso ma, nondimeno, talmente eccessivo nel suo surrealismo che persino la paura si dimostra una reazione inadatta alle circostanze. A differenza delle testimonianze ormai comuni degli "incontri ravvicinati" dei vari tipi con presunte entità non-terrestri (in genere dotate di una astronave non-identificata) la mia impressione su questi fatti è che essi si oppongano tanto duramente ai meccanismi della logica umana da poter stravolgere definitivamente la mente del testimone; oppure, che questo sia successo in precedenza (e che una mente disturbata abbia creato un mostro che va oltre le fantasie più popolari, ed è quindi commercialmente nullo) mentre a quanto pare i testimoni sono ancora in grado di esprimersi verbalmente in modo intelligibile dopo l'esperienza, e non sembrano insistere su eventuali traumi, a parte il terrore momentaneo e la più longeva curiosità sull'accaduto. Il racconto di Andy è ripetuto in una versione stringata su ForteanTimes, dove dà vita a 11 pagine di forum in cui sono riportate altre esperienze simili e una serie di links + o meno degni di nota. Alla fine si tira in ballo "el hombre de Quives", il famoso uomo-stecco su YouTube che in questo video viene rivelato per quello che è: uno stecco, a cui i nostri occhi (con l'aiuto di una pessima ripresa) aggiungono la parte umana. Ancora, un racconto dall' Ohio su Archive X, questo "casalingo" su About.com, con il primo disegnino e infine questo del collega blogger qui su Blogger, con un secondo schizzo della creatura.

A onor del vero sono arrivato da poco a questa testimonianza, dal momento che il risultato della ricerca sugli stick men di Google mi ha portato dapprima a questo titolo, mentre l'effettivo uomo-stecco è menzionato nel racconto come "stick creature"... E' qui che in un commento al post leggiamo una delle più straordinarie e affascinanti esperienze di cui abbia mai avuta notizia, nelle parole di un borky al cui blog purtroppo non riesco ad accedere. Non ha nulla a che fare con gli stecchi, ma è lo spaccato di una vita altra che a quanto pare è accessibile talvolta per il comune blogger così come lo era per gli autori del mito e della leggenda.

Il blog Intangible Materiality ci presenta un ricco "index of the damned" da fare invidia a Fort in persona, tutti ugualmente interessanti e "misteriosi"; ma al momento non c'è nulla di più interessante di qualcosa che sembra del tutto sconosciuto, e che nel contempo, in qualche modo, mi sembra di conoscere da sempre. Mai sentito parlare degli uomini-stecco? Figure alte, dal passo traballante, senza alcun indizio di tratti somatici, e talvolta di una profondità?

Nel 1985/7 ho scritto e illustrato il soggetto per il film "Mostri", dove il giovane protagonista Elzie Walker, reso zombie dalla ferma militare e in piena decomposizione tra le Alpi Elvetiche, incontra i cinque "giganti della notte":

©1985 Lexy Lex

gli schizzi di queste creature li ritraggono alquanto simili ai suddetti stickmen, con l'aggiunta di occhi luminescenti (derivati da un racconto di prima mano o da un video dei Cure, a scelta). Ora, non so come o perché queste entità archetipiche si possano o si dovrebbero distinguere dai cosiddetti "uomini ombra", se non per la loro apparente altezza o per le insolite proporzioni, fattori secondari di apparizioni accomunate da una essenza totalmente ignota; non so nemmeno da dove siano saltati fuori i "giganti della notte" del mio script, dal momento che non avevo mai letto niente del genere fino a oggi pomeriggio, e queste "ombre viventi" non appartenevano alla mia sfera onirico-letteraria. Dunque questo è verosimilmente il motivo del mio interesse per questo oscuro oggetto, che si estende facilmente alla realtà non meno tenebrosa dell'essere umano; il risultato è questo quadretto veloce (il cui titolo è ispirato al film di ieri sera) che pubblico su deviantart:


è la risposta alla domanda "Why did the cavemen depict themselves as stickmen?"

P.S.: un rimando alle avventure dell'orsetto Rupert da ForteanTimes ci regala questa insolita visione del personaggio-stecco di Raggety:



Pissi pissiu bau bau

Il titolo del film di oggi è piuttosto difficile da ricordare:

ovvero
Bat sin fan dim ji yan yuk cha siu bau di D. Lee, H. Yau (1993)

per gli amici, "The untold story"; la storia di un tizio di Macao che stermina l'intera quanto fitta famiglia di un giocatore di mah-jong che gli è debitore, quindi si impadronisce del locale e inizia a cucinare le sue vittime, da cui il titolo (Human Meat Roast Pork Buns) traendone un discreto profitto, un sacco di botte e un prematuro suicidio (warning: spoiler). Di tutta questa storia in principio non sappiamo nulla, ma seguendo le vicende del protagonista, che in apertura dà fuoco a un tizio che lo accusa di aver barato al gioco e poi lo rifila alla clientela come "barbecue pork", iniziamo a sospettare qualcosa.

e poi, quegli occhiali...

Da quanto si può capire, questa è la storia taciuta su di un fatto di cronaca in cui ufficialmente non si stabilì come il tizio si liberò dei corpi; e se davvero offrì i suoi prelibati buns anche ai poliziotti, si può ben capire il perché dell'eventuale mistero.

对白语言:粤语更多外文片名 ci offre anche qualche scenetta di gore leggero e di discreta qualità, e il lungo tragico flash-back finale della famiglia decimata alla buona, in cucina, che dovrebbe rappresentare il parossismo di questa malsana vicenda, ma che a causa della mia particolare impressione degli asiatici non mi risulta meno aliena di tutto il resto; tornando al discorso del pathos, mi è del tutto impossibile immedesimarmi in un qualsiasi individuo di questa gente, pertanto l'impatto emotivo è prossimo allo zero (il che non depone certo a mio favore, considerando la mia reazione metabolica alla visione di Mordum (V.) ma che dire, al cuore non si comanda, oppure anche: a caval donato...)

Il modo in cui parlano, come si muovono, quello che si intuisce debba essere il loro "umorismo"... Non c'è una sola qualità dei Cinesi che mi risulti in qualche modo comprensibile, e ancor più delle masse Occidentali mi rendo conto di quanto essi mi siano completamente alieni. Non c'è niente da fare, così com'è successo con i Giapponesi The ring e Odishon, questa alienità ha il sopravvento su qualsiasi fattore secondario, come ad es. il film stesso. Kung Fu Hustler invece mi ha fatto piangere dal ridere, ma evidentemente Hong Kong è zona franca, perché Jackie Chan mi fa ridere regolarmente. Misteri del Lontano Oriente...

Film parlato in Cantonese, con sottotitoli Inglesi e segnaletica in Portoghese. Potrebbe aver ispirato il Francese Delikatessen -dove la macelleria umana ha gli stessi fini pratici- se solo fosse stato prodotto tre anni prima; probabilmente ispirato dall'Americano Blood Feast (il primo "splatter" della storia, del 1963), è basato su una storia vera, ma Cinese.

20/01/10

Il Luna Park Multimediale Multimediato

Una delle tante cose interessanti (ovvero: mai viste o sentite prima) che ci propone José Escamilla con il suo documentario Moon Rising - visibile qui su YouTube in HQ- è il fatto che per due volte, in due distinte missioni, gli astronauti hanno fatto rimbalzare un relitto contro la superficie lunare, ottenendo una risonanza la cui durata fu di un'ora la prima volta e di tre ore la seconda. La conclusione è piuttosto ovvia, e alimenta i dubbi che abbiamo già espresso in precedenza sul satellite terrestre.

Oltre al fatto che tutte le immagini della luna sono ritoccate -e come si è visto è quasi impossibile NON notarlo- per mascherare immense costruzioni che non sono nel dominio terricolo, il video ci presenta queste misteriose righe che solcano lo spazio attorno alla Terra:

che evidentemente passano DIETRO la luna, e compaiono anche sulla copertina di questo libro:


Quindi passa alla descrizione dei possibili "space elevators" che potrebbero essere l'origine di queste fantomatiche linee, lasciando all'utenza la libertà di formulare ipotesi alternative.
Io ho la mia, e sicuramente voi tutti avrete la vostra.
Riguardo l'indagine sul "chevron" del logo NASA, innanzitutto dovremmo escludere che esso sia del tutto alieno dal suo significato originale, patente nell'etimologia che lo fa discendere dal Francese "caprone" (ma per via degli zoccoli, e non delle corna) e alle diaboliche conseguenze di questa scelta ... In ogni caso, questo simbolo appare in varie modificazioni anche negli emblemi di tutte le maggiori compagnie aerospaziali di ogni Paese:

e non saprei dire perché l'intervistato escluda a priori che possa trattarsi di una forma geometrica aerodinamica in cui è stilizzato un paio d'ali, come potrebbe immaginare invece un semplice blogger, o financo uno dei suoi lettori. Tant'è vero che dopo l'accenno all'idea di "chevron" tende a definirlo in quanto "vector", un termine ancora più ambiguo del primo.
Per qualche motivo, questa particolare "vector shape" dovrebbe derivare da questo particolare oggetto, riflesso nel casco di un astronauta dell'Apollo:

il quale è sicuramente un oggetto volante extraterrestre, e somiglia anche al logo della NASA, in particolare, più che a quello delle altre compagnie aerospaziali; ma somiglia anche a uno sterno di pollo, e rispondere alla domanda: perché la NASA ha scelto un osso di pollo come emblema non è più o meno arduo del rispondere al perché gli extraterrestri hanno astronavi a forma di osso di pollo... Mi pare.

In questa foto:


che è probabilmente una di quelle a cui è stato schiarito lo sfondo, rivelando ciò che va oltre il "falso orizzonte", è chiaramente visibile una forma simile, che ho evidenziato qui:

Il fatto strano è che vedendola apparire sullo schermo io ho visto tutt'altro; qualcosa che casualmente sembra essere indicato proprio dal "vector":

Ma siccome non sapevo cosa stavo guardando nemmeno in partenza, anche il vederci una cosa del genere non cambia molto la situazione.
Dulcis in fundo, l'intervento della produttrice del film stesso è illuminante:

(cliccare per ingrandire)

Incredibile ma vero, per la prima volta nella mia carriera di blogger trovo il nome del regista su IMDB ma, come possiamo constatare, questo titolo non compare nella sua filmografia.
Il che mi porta ad una inevitabile conclusione scientifica: mmmh...

19/01/10

Vita fortiana

Gelatina di stelle; questa roba è nota nel Regno Unito da secoli, dove è chiamata anche con il nome gaelico di pwdr sêr. Le ipotesi sulla sua provenienza si sprecano, ma il fatto che una gelatina organica contenente acidi gastrici, globuli bianchi umani e svariati virus, sia piovuta su Oakville, WA, nell'agosto del 1994, può essere un indizio...



Recentemente una robaccia simile è stata fotografata sulle colline Scozzesi. Qui c'è un articolo sul Times, che riassume le scoperte scientifiche su questa anomalia fortiana: per farla breve, nessuno sa cosa sia con certezza.

Un altro mistero gelatinoso è quello che arriva dall'Alaska, dove l'Anchorage Daily del 12 Luglio scorso riporta la notizia dell' avvistamento di una massa oscura galleggiante lunga 12 miglia:



più tardi la stessa fonte ha annunciato che si trattava di semplici "alghe"; la stessa cosa che avevano detto delle cellule viventi nella pioggia rossa Indiana (V.)... Comunque sia, da dove potrebbe mai provenire una simile quantità di "alghe filamentose", di un colore decisamente insolito, resta un enigma. E ancora una volta, tutto ciò di cui non conosciamo il significato tende a restituirci un significato possibile per la nostra stessa esistenza in fondo ai cieli.

18/01/10

Il Genio Mosaico

Il film di questa sera è introdotto da queste parole: "in 1998 the Coen brothers released "The big Lebowski". On the heels of the Academy Award winning "Fargo", all expected great things. It failed miserably and was pulled from theaters in only six weeks. For most movies that's the end, wraps 'er all up as a fella once said. But not this one... Deemed as "the first cult movie of the internet era", this is the story of those who made it just that". Questo è il film:


Abbiamo visto che due delle gag principali di Lebowski sono state "prese in prestito" (compreso il personaggio del viet-vet spanato) da Cheech and Chong; con questo documentario scopriamo da dove arriva tutto il resto.


Questo è "il drugo", ovvero il personaggio di L.A. che i Coen si sono trovati fatto e finito (soprattutto fatto) pronto per fare da protagonista al loro film.
Per il poco che dice, sembra essere anche la sorgente della filosofia easy e favolesca di Lebowski.
Quest'altro:
dice a proposito: "Le parole sante di Joel sono "Le idee non crescono sugli alberi"." E infatti è a lui che hanno rubato un tappeto, il quale a suo parere "tied the room together" (come ripete spesso Lebowski); lo ha raccontato ai suoi amici, che hanno riciclato nel film suo drammatico episodio di vita vissuta, e persino il suo parere sul tappeto.
Al loro amico Big Lou invece hanno rubato la macchina, e quando la polizia l'ha ritrovata era un rottame; ma nascosto del sedile c'era un compito in classe... Mmm-mhhh... Deja-vu?
Di quella surreale, ridicola vicenda i Coen non hanno inventato proprio niente:

questo è il vero "piccolo Larry", che non si ricordava niente di quella storia, ma che da ragazzino ha davvero rubato un'auto lasciandoci il suo compito in classe, e aveva davvero il padre in un letto da ospedale piazzato in soggiorno, trasformato in un polmone d'acciaio nella sceneggiatura solo per adattarlo agli eccessi hollywoodiani...
Dopo la scoperta -piuttosto triste- della "eredità" di Up in smoke (V.) questi retroscena suggeriscono la possibilità che i Coen si sono soltanto attenuti alle antiche Leggi Mosaiche, e che il loro "cult movie" sia di fatto un mosaico a cui hanno saputo aggiungere con abilità un effetto caleidoscopico; probabilmente non c'è una sola delle geniali trovate del film che sia spuntata nella loro vulcanica mente, a parte quella di mettere insieme delle storie incredibili-ma-vere sentite in giro con qualche scenetta comica vista in qualche vecchio film, sulla base evanescente di una detection alla Marlowe (tipo The long goodbye) ... A tenerle insieme ci sono intermezzi con minacce violente più o meno realizzate, un paio di donne mezze nude, qualche visione lisergica, e un po' di palle che rotolano sulle piste di un bowling.

Sembra che tutta questa storia sia iniziata tanto tempo fa, e la sua morale è la stessa: oggi sappiamo che il mito cristiano è un pout-pourri, o meglio, un mosaico dei precedenti avatara morti e risorti, probabilmente a partire dal mito più antico -l'unico che vediamo risorgere e scomparire ogni giorno- ma nel frattempo è stata istituita una fiorente industria religiosa, che non sembra avere un grande interesse nella diffusione di "verità" oltre la sua propria, e raduna un gregge di milioni e milioni di pecorelle, smarrite in tutto il mondo. Questa è la storia di Big Lebowski e dei suoi accaniti fans Americani, che ancora oggi indicono un Lebowski Fest annuale a base di travestimenti, esami scritti, musica, alcool e bowling. Quella che dalle nostre parti verrebbe giustamente definita un'Americanata. E' di questo che tratta principalmente il film, e come si può intuire dal titolo (nome tratto dai "Little Lebowski Urban Achievers", gli orfanelli del film) dei suoi organizzatori, e dei suoi protagonisti:


questa (parafrasando Ezechiele) creatura vivente, che sembra un nerd ma da poco abbiamo scoperto essere un twerp, è il vincitore dell'ambitissimo trofeo per "Chi ne sa di più sul film" al Fest di Chicago, IL, nel 2008. E questa povera, grande obesa e madre di due figli, che per l'occasione si era travestita da tricheco:

ci è rimasta talmente male che ha deciso: se non avesse vinto lei il prossimo sarebbe deceduta.
Il film finisce malissimo:


Ma non è finita: se non bastasse la solita morale antise-mitica che è ormai uno stereotipo abusato quanto quello dei giudei usurai, alla fine scopriamo chi è il responsabile di questa Americanata: il molto onorevole Mr. Eddie Chung...

Ah, ma c'è anche di meglio, per chiudere il post, una domanda: cosa dire del fatto che The Big Lebowski mi piace ?!?

ADDENDUM del 25.03.16:
Abbiamo già visto in questo post da dove arriva il resto di The Big Lebowski; ieri mi è capitato di vedere questa gag dei Monty Python, su Youtube, in cui il protagonista Michael Palin si trova improvvisamente a conversare con un misterioso cowboy dai grandi baffi (finti -- John Cleese), che lo consiglia saggiamente, per poi scomparire così com'era comparso:


Quindi non soltanto il personaggio del cowboy senza nome, ma anche il mistero della sua presenza in scena sul set di Lebowski, si possono far risalire a questo vecchio show televisivo. Mi pare di aver capito che neanche questa è una "coincidenza"... Oppure tutto lo è?

Il fantastico mondo di Roald Dahl e le lucertole giganti

Uno dei miei film d'animazione preferiti è James and the giant peach, un capolavoro della stop-motion e una delle fiabe più fiabesche mai scritte; Roald Dahl (che per anni ho pensato essere un nome d'arte) ci ha donato grandi storie per l'infanzia sepolta in noi, poi tradotte in film come Willy Wonka (con due trasposizioni cinematografiche nel giro di quarant'anni) e Matilda (un piccolo classico sottovalutato di DeVito). Adesso è il turno di

The fantastic Mr. Fox di W. Anderson (2009)
☻☻

che è un film assolutamente andersoniano, dove ci sono tanti personaggi ma ognuno occupa un suo preciso binario filmico, ogni cosa è al suo posto o ci andrà, ci sono occasionali didascalie o sotto-titoli esplicativi, e c'è un nuovo esploso à la Richard Scarry - dopo quello del Belafonte di Zissou - che potremmo considerare come il suo biglietto da visita più fortemente cinematico, quello dell'esploratore visuale, che va oltre la parete della scena per rivelare la falsa, ma calpestabile profondità della stessa:


Amo l'animazione a passo uno, e l'esordio di Anderson in questa particolare specializzazione (dopo gli esperimenti subacquei) con una tecnica straordinariamente "classica", che fa apparire lo stesso James and the giant peach -ma anche Nightmare before Christmas e gli episodi di Wallace and Gromit- come lavori d'avanguardia iper-tecnologici, è una riconferma del suo spirito "avventuroso" nella sua continua riscoperta dell'arte/mestiere di mettere in scena le storie; quello che io considero lo "spirito giusto" per fare un film, ma che purtroppo sembra essere apprezzato più che altro dalla critica. E' probabile che anche Mr. Fox abbia deluso le aspettative del target medio, ovvero la fascia di età dei moderni lettori di Dahl, cresciuti con le animazioni digitali di Pixar e Dreamworks, ma io non sono tra quelli. Perché non sono cresciuto.
E Mr. Fox mi è piaciuto. Dato che non faccio il critico di mestiere, mi basta.

Questa notte ho ripescata una versione da 1.4 Gb di Spartacus, da cui speravo di trarre un filmino didattico sulla persona di Kirk Douglas; purtroppo, come il precedente, è di una qualità che lascia a desiderare negli ingrandimenti, pertanto ho deciso di trarne solo un paio di fotogrammi:


Ma per quanto mi riguarda possono bastare.

17/01/10

Indizi di una (in)coscienza logica

Questa mattina MM2 aveva una manciata d'erba, ma io dovevo attraversare Milano per andare ad un appuntamento di lavoro; stavo appunto saltando delle collinette d'asfalto lungo uno stradone deserto, facendo acrobazie che per effetto della forza gravitazionale mi sarebbero state fatali, quando mi sono svegliato. E l'unica, distinta, persistente idea fissa era: Acido Carbonico.

Inevitabilmente, mi sono informato su questo elemento, che è risultato essere "CO2 disciolta in acqua", ma che è anche "reputato il punto d'incontro tra la chimica organica e la chimica inorganica in quanto può essere inteso anche come un acido dicarbossilico"; è un acido indispensabile alla vita, ma aldilà della sua realtà fisica, il mio interesse si concentra sul suo valore onirico, derivato dalla sua comparsa come pensiero logico (parole) in conseguenza ad una visione che nella mia logosfera ha poco o punto da spartire con il particolare elemento chimico - a parte il fatto che senza acido carbonico non potrebbe esistere il sognatore.

Avevo mai sentito parlare dell'acido carbonico? Probabilmente sì, ma quando? Questa notte, dopo aver visto The call of Chtulhu (V.), scritto il mio postino notturno e lavati i denti, non ho avuto modo di pensare agli acidi organici e inorganici, quindi ho un buon motivo di chiedermi perché uno di questi -di entrambi i tipi, come abbiamo scoperto- abbia occupato il primissimo pensiero durante la veglia. Il che è anche un buon motivo per un post.

IT keeps calling

Il secondo film di oggi è un giocattolino alla memoria:

Giustifica
The call of Chtulu di A. Leman (2005)
☻☻

omaggio al solitario di Providence, che prima ancora della prima scena, sin dai roboanti titoli di testa del film presentato "in Mythoscope", si rivela uno Z-movie digitale da 1000 dollari e da 47', acconciato per sembrare una pellicola muta, in perenne bilico tra la chicca amatoriale e il "maroccato" (o sweded) di Be kind rewind. Gli sforzi poco convincenti degli attori per riprodurre la mimica facciale esasperata dell' epoca, e la robusta pochezza della messinscena in DV, aggravata da qualche trucchetto digitale, si scontrano con la ricercatezza di inquadrature in perfetto stile come questa:

e una colonna sonora straordinaria, sicuramente l'aspetto più notevole di questo intermezzo tra un eccesso e l'altro del cinema moderno. Ma non sono le musiche, o il lavoro di animazione stop-motion del finale

(che non dovrebbe rappresentare il solito mostro gigante, ma qualcosa di indicibile, e la cosa potrebbe riuscire difficile anche per Tim Burton con qualche milione di dollari in più) a salvare la situazione, quanto l'insieme che è nel contempo mediocre ed eccezionale, un lavoro dove la passione prevale sulla risibilità della produzione, e il fascino della pellicola antica, seppure riprodotto con il minimo indispensabile, appare l'unico in grado di restituire al mezzo cinematografico una atmosfera lovecraftiana densa di orrori cosmici. Certamente una super-produzione a colori e con effetti della DLM -Jackson docet- non può rendere lo stesso impatto mostruoso; certamente non può questo, e una via di mezzo tra i due sarebbe un interessante esperimento che nessuno, per quanto ne so, ha tentato finora. Non avendo mai nemmeno sentito parlare di questa curiosa riduzione, a cura della H.P.Lovecraft Historical Society, per oggi mi potrei accontentare; ma, per colmo della misura, offro al mio lettore il primo episodio della serie "Calls for Chtulhu":




16/01/10

La mente del macellaio

Se il nostro buon macellaio, "un uomo come tanti altri", avesse visto Mordum con me, l'altra sera, probabilmente questo film sarebbe più movimentato:

Seul contre tous di G. Noé (1998)

perché sicuramente la mente di un uomo che ha tagliato pezzi di cavallo per 20 anni e che trovandosi in ristrettezze economiche pensa solo a "una buona bistecca" è quel genere di mente che troverebbe in quel genere (peraltro unico) di film una fonte di ispirazione, e non uno spunto di riflessione; l'immagine qui sopra è tratta dalla sequenza del suo sogno.

E questo è lui, il monolitico Philip Nahon. Il macellaio è l'incarnazione del materialismo, così come la dieta carnea è una sorta di perenne intossicazione che modifica l'organismo e il pensiero umano; ne ho la certezza, dal giorno in cui ho deciso di astenermi dalla carne e ho seguita l'evoluzione di questo distacco, riavvicinandomi sempre di più all'ordine naturale delle cose; il che equivale ad una emarginazione più o meno totale, in un qualsiasi habitat urbano. Probabilmente anche questa odiosa abitudine, del divorare altre creature animali sensibili, è parte del disegno per tenere lontana la gente dalla Realtà non-materiale (e non "metafisica") che corrisponde alla favoleggiata "verità"; lontana dalla bellezza paradisiaca di una entità planetaria che oggi milioni e miliardi di persone si accontentano di vedere rinchiusa nel recinto di un parco, o in qualche bosco nei weekends... o in televisione.

Gli scenari di Seul contre tous sono tutti scorci grigi, deserti e desolanti della periferia Francese, in cui il nostro si sposta dal Nulla degli anni '80 diretto verso il Niente dei '90 ; cinquantenne, solo, disoccupato e armato, è una bomba umana a orologeria che ci racconta della sue delusione totale e delle sue annose miserie infiocchettate con un eloquio da osteria, e alla fine esplode in una breve visione orrorifica e una valanga di pensieri senza senso e domande senza risposta.

Affamato e rabbioso, attizzato dal rosso sfuso, conserva i suoi tre proiettili per un doppio gran finale a sorpresa che purtroppo, data la mia natura previdente, mi sono anticipato di qualche minuto; quanto basta per rovinarmelo. Ma non mi lamento per questo.

Non so se questo tipo di catarsi risulti facile al pubblico francofono; se il sentirsi raccontare il disastroso passato e i pessimi propositi di un macellaio che prende a pugni nella pancia la sua donna incinta, medita di sparare al barista e di violentare la figlia handicappata sia in qualche modo edificante; in A.U.M. (acronimo accidentale?) abbiamo visto come, al contrario, l'esposizone di tanta carne di cui disporre per gli scopi più malsani possa coinvolgere suo malgrado l'utente, a livello metabolico, per costringerlo a vedere oltre l'insopportabile illusione fisica e oltre l'apparente follia criminale delle immagini.
Per quanto mi riguarda, pur apprezzando pienamente il lavoro registico, scenografico, fotografico, e il tour-de-force del protagonista su cui si regge l'intera vicenda di S.C.T., non sono riuscito a trovare altro che il pretesto per un breve sermone vegetarianistico.
Non è un granché.

P.S.: ma c'è una nota positiva anche qui: è il terzo film di seguito in cui i protagonisti non hanno nome