30/09/10

Όταν i φλόγα καίει

Nella estrema, ma estremamente vivida e vorticosa, semplicità di

Savage Messiah di K. Russell (1972)

troviamo tutti i motivi per meditare di nuovo sull'Arte, qui incarnata dallo scultore e draughtsman (come dice la Tate Gallery) primitivista Henri Gaudier-Brzeska, e della sua controparte muliebre e + anziana Sophie Brzeska, in una strana romance triangolare con l'Arte all'apice, meno eccessiva e addirittura asessuale, ma non meno entusiastica e pirotecnica del "solito" (Russell), con un inserto- omaggio di puro vorticismo scenografico:

L'interprete del titolo è un giovane e scalmanato Scott Anthony

che riesce a infondere al personaggio tutta la messiarietà e la selvaggeria necessarie; stranamente, su IMDB le sue tracce si perdono nel lontano '976. La semplicità e l'efficacia del film derivano dall' entusiasmo di colui nello scolpire il proprio ruolo giovanottesco, di artista bohèmienne destinato ad una morte paradossale.

E per questo vederlo tanto vivo prima, e saperlo tanto morto dopo, quando leggiamo di lui sul web e vediamo le sue opere esposte alla Tate Gallery:

ci porta a riflettere svogliatamente sull'ideale stesso dell'arte, sulla improbabile realtà dell'artista vero, che resiste alla guerra ma anche al proprio consumismo, e sulla tenacia di Ken Russell nel proiettare continuamente il medesimo nelle più disparate situazioni etichettabili come "biografie".

Grande Messa In Scena, come sempre

con scenografie di Derek Jarman e una particina buffa per Lindsay Kemp

Il film è al 100% fresh su Rottentomatoes; incredibile, visto quello che si mangia nel film.

Giudizio: riflessivo.

29/09/10

La dolce vita

Dopo averne consumato un vasetto intero un cucchiaino alla volta, per addolcire il té in luogo del temibile saccarosio, scopro oggi che la melata è costituita da escrementi liquidi degli afidi


ed è una sorta di dessert per esapodi di cui le api fanno un miele laddove scarseggia il nettare; paradossalmente, il miele di melata non è tanto dolce (e nauseante) quanto il miele di nettare, direi anzi che è assolutamente delizioso, ma di contro a questa mia preferenza il consumatore Italiano non lo apprezza quanto gli altri Europei, e per questo dovrò bere té amaro in attesa di un nuovo omaggio del misterioso benefattore, che opera attraverso mio cugino.

Nondimeno, essendo prodotto dai fitomizi e quindi trasformato dalle api per i loro bisogni, è doppiamente anti-ecologico e ben poco in linea colle mie scelte etiche fondamentali, malgrado non comporti uccisioni... Wikipedia qui considera l'ipotesi della melata come "manna" degli Ebrei nel deserto; una teoria forse meno avvincente di quella della "macchina della manna", ma non meno interessante. I misteri della melata proseguono questa sera, sfogliando la irresistibile raccolta di cose Engrish di EngrishFunny dove una pubblicità esotica promette piaceri inconfessabili a base di honeydew:

e non avendo mai incontrato prima questo termine anglosassone -ma intuendone l'affinità con quello nostrano, di cui ho appena scoperto il significato- consulto Wiki Eng, dove scopriamo che nella mitologia Nordica la melata (in Ing. dew, rugiada, che in effetti rimanda all'aspetto e alla consistenza della biblica manna) sgocciava dall'Albero cosmico Yggdrasil... E che essa è citata nel favoloso poema di Coleridge Kubla Kahn. Bisogna ammettere che questa dolce parola ha l'aria di essere incredibilmente antica e importante, per essere una di quelle che fino a ieri non conoscevo. Non credo abbia da spartire alcunché col Gattamelata; ma qui gatta ci cova.

Il Wikizionario ci insegna che essa è anche sinonimo di "colpo di mela" e femminile di melato, variante anzichennò desueta di mielato, se non è introdotta da Mariangela in persona.
Prevedo intanto di approfondire la mia conoscenza di un altro lemma derivato dal miele, quello che è il nome della antica bevanda divina detta idromele (Ing. mead) -ugualmente derivato dal Gr. mèli- che Lévi-Strauss considera il "passaggio tra natura e cultura"; e conoscendone tanto la scarsa reperibilità in commercio quanto la facilità di preparazione, sarà meglio condurre l'analisi direttamente in cucina... Tutto ciò può condurre a livelli fantascientifici; è un mondo di parole.

28/09/10

Sogni scaduti

Questa sequenza in stile Ringu -con tanto di simbolico giapponese protagonista- è l'essenza del fallimento del film di oggi: qui il video-blogger asiatico sul monitor inizia a raccontare dei suoi sogni con "un uomo con un maglione a righe e un guanto di lame" che vuole ucciderlo...
Ovviamente parla di Freddy Krueger, un'icona del cinema horror, un personaggio che vediamo citato su IMDB in 23 titoli, tra cui una serie televisiva. Un "mostro di celluloide" che conoscono più o meno tutti gli utenti multimediali globali. In che modo potrebbe spaventarci -e dunque interessarci- ancora, se non apparendo nei nostri incubi notturni personali è difficile a dirsi, ma sicuramente un "rifacimento" sgangherato e mediocre sotto ogni aspetto non è la risposta.
Tuttavia questo è, a grandi linee

A nightmare on Elm Street di S. Bayer (2010)

e non ci sono linee più piccole da esaminare, quindi è tutto qui.
Inizialmente apprezzabile per aver evitato il plagio diretto e criminoso del remake, si rivela presto una ennesima operazione commerciale che prende in prestito il famoso Freddie per raccontare l'ennesima storia a base di incubi che si avverano e di realtà che diventano incubi, come in ogni altro prodotto precedente di questo franchising, ma usando la sua stessa tragica sorte (rielaborata sulla sceneggiatura di allora) del solito mostro, e senza nemmeno tentare di mettere insieme qualcosa di vagamente onirico, o perlomeno incubico, con la insostenibile pretesa che la tremenda presenza del "vero" protagonista possa sostenere da sola tutto un film che ha lo stesso titolo dell'originale di Craven dell'84, ma che a differenza di quello non ha niente di nuovo, o di buono. O altro.
Men che meno i "finti" protagonisti, che sono davvero finti, inanimati, e patetici:

Per il blogger vedere l'Incubo Invernale realizzarsi qui in due scene come la camera innevata

e l'uscita da una piscina riscaldata su uno scenario dicembrino

sono invero agghiaccianti, ma -come per Låt den rätte komma in (V.)- non è questo il genere di orrore che potrei mai apprezzare.
Giudizio: epic fail.

Vocali allo sbando

La parola di oggi è una delle mie preferite della lingua inglese, da che l'ho sentita pronunciare in The man from Earth, il 15 maggio dell'anno scorso, riportandola sul mio "blog privato", o diario HTML. Questa è la versione ricevuta oggi da Dictionary.com:

rigmorole \RIG-muh-rohl\, noun:
1. An elaborate or complicated procedure.
2. Confused, incoherent, foolish, or meaningless talk.
"My dear young lady," I groaned, "you don't want to be stripped of every dollar for such a "rigmarole!"-- Henry James, Four Meetings
"It's a rigmarole because the boy is a Rigmarole and we've come to Rigmarole Town."-- Frank Baum, The Emerald City of Oz
Rigmarole is an unusual alteration of the Middle English phrase ragman roll, which refers to a "long list or catalog."

Il fatto è che, come nelle citazioni letterarie riportate qui sopra, anche allora sul mio Oxford Genie avevo trovato il termine rig(a)mArole, mentre sullo stesso non c'è traccia di una versione con la "O"; lo stesso su Wiktionary. E infine, non la troviamo neppure seguendo il link al sito Dictionary.com nello stesso messaggio, che porta a questo.
Insomma, la parola di oggi non esiste, per com'è scritta nel titolo e nell'intestazione del messaggio "Word of the day".

Dell'altra (di ieri) ho letto spesso all'inizio di questo secolo, quando mi interessavo agli antichi anche attraverso la moderna tecnologia del web, alla ricerca della verità perduta:

aeon \EE-uhn\, noun:
1. (in Gnosticism) one of a class of powers or beings conceived as emanating from the Supreme Being and performing various functions in the operations of the universe.
2. eon

"It feels like aeons ago"

A li Matrix tua

The Animatrix di P. Chung, A. Jones, Y. Kawajiri, T. Koike, M. Maeda, K. Morimoto, S. Watanabe (2003)

Dopo un incipit videoludico-bellico in 3D, questi brevi episodi ambientati nel "vero universo" della serie Matrix, nascosto al "falso universo" della stessa serie, si susseguono in un remix hi-tech di rotoscope, CGA, e animazione tradizionale su scenari caleidoscopici e iridescenti

rovistando tra le vite avventurose di personaggi più o meno noti o correlati al franchising filmico, nel possibile passato dei famosi film live action in un guazzabuglio virtuale di samurai, hard-boiled, western, musica techno, e robot, robot, robot ad ogni piè sospinto





Questo esperimento nippo-giudaico in stile hollywoodiano, costruito sulla fama del serial filmico sembra infine suggerire l'idea di un segreto definitivo riguardo la misteriosa Matrice del mondo, che sotto tanta abbondanza multimediale non ci sia proprio niente da nascondere, e che l'unico mistero sia quello di tanto successo per un'operazione che già alla fine del primo episodio sembrava non avere più nulla da dire. E invece, era proprio così; questa è la prova inconfutabile.
Giudizio: finto.

27/09/10

Estati secolari

Sono trascorsi solo 24 anni da che ho visto questo

A room with a view di J. Ivory (1985)

al cinema. Lo ricordavo più o meno tutto perfettamente, con tutti i suoi quadri "realisti" delle scene bucoliche Italiche e Britanniche

dipinte per lo schermo da un eccellente direttore della fotografia come Tony Pierce-Roberts; e i bravi co-protagonisti

Denholm Elliot, famoso come amico di Indiana Jones

e l'umoristica presenza tutta Inglese di Maggie Smith; non ricordavo invece

l'imberbe Daniel Day-Lewis, impeccabile come snob-anti-snob dall'inevitabile nomea di Cecil.
A room with a view si meritava l'Oscar per il "Most spoiling poster":

Perché questa è la sequenza finale del film, durante il quale invece l'incertezza è l'unica realtà vissuta dalla coppia di protagonisti (Warning: Spoiler Warning)

Tutto questo bell'Inglese parlato sul set with the most clear, received pronunciation, che ti lascia vedere tutto il film senza leggere un sottotitol0, era esattamente quello che mi aspettavo dalla versione originale, e il motivo principale per cui l'ho ripescato dal torrent 24 anni dopo; una meritata pausa tra i vocioni poco verosimili (troppo belli, in generale) dei Ns. doppiatori, e l'inglese violentato da ogni "attore" e "Americano"...
Giudizio: Inglese. Questo al momento mi basta.

A room with a view porta anche un ricordo inatteso di una Città maiuscola come Firenze, e questo miracoloso miraggio d'arte che mi è apparso dianzi in una notte d'estate, e mi ha tolto il fiato:


Intanto, al primissimo freddo ne risulto raffreddato da un momento all'altro, con uno strano senso di disorientamento totale. Tengo a bada il malanno a suon di acido ascorbico e tè verde, ma intanto la Stagione è morta, e il Mostro Invernale incombe all'orizzonte, impone la penitenza delle calze doppie in interno e dell'odioso scarpaccione in esterni. Alla fine di Settembre sono già malato d'invernite, come ogni anno; e come dicono l'Inglesi, I'm sick of it.
Indeed.

English dreams

Our word for today is:
frabjous \FRAB-juhs\, adjective:Wonderful, elegant, superb, or delicious.
that I'd like to use more often
"What a frabjous post!"

The word for saturday was
hobbledehoy \HOB-uhl-dee-hoy\, noun:An awkward, gawky young fellow.
I wonder why we don't have anything like that in Italy...
"Maybe we don't have young fellows awkward enough to be called hubbledehoy"

I was speaking in English before I woke up; so now I have to post an English post. Here.

26/09/10

Cinema Novo - Cinema Vecchio

Macunaima di J.P. De Andrade (1969)

è una sorta di favola -e non favela- Brasiliana dove l'antieroe e Titolo del film nasce adulto e alquanto infelice nell'aspetto, per poi subire trasformazioni come quella riassunta nei 3 fotogrammi seguenti -- grazie ad una sigaretta magica

Macunaima diventa un bel principe biondo e di razza bianca, cosa che poi si ripeterà grazie ad una fonte della giovinezza che funziona solo per lui, realizzando con una sola doccia il grande sogno negro che costò diversi milioni a Michael Jackson.

Macunaima ha qualche sequenza oniromimica di grande impatto:

in part. la piscina dei piranha, piena di corpi e frattaglie umani

e quella dell'orco: l'eroe affamato incontra un uomo barbuto vestito di foglie presso un torrente, e gli chiede un pezzo di carne. Quello lo accontenta volentieri, tagliandosi via una fetta di gamba (polpaccio, un taglio ricercato in Brasile) che Macunaima mangia avidamente. Quando poi egli si allontana, seguendo il sentiero suggerito dall' orco, si accorge che quello lo aspetta con il coltello in mano appena dopo la curva, e inizia a scappare inseguito dall' orco. Crede di averlo "seminato" dietro di sé, ma quando l'orco grida a gran voce:

la carne nello stomaco del nostro risponde "Che c'è?" e guida l'orco sulle sue tracce...
Insomma, per qualche motivo ho creduto di aver già sentita in passato questa macabra favoletta, e questo ha dato vita ad una frenetica ricerca sull'internet che però non ha sortito nulla in proposito. Sembra che mentre la vedevo sullo schermo la mia mente si sia convinta di conoscerla già, e l'ha associata al tempo ipotetico delle fiabe e dell'infanzia. Oppure me l'ha letta la mia tata quando abitavo su Saturno. Oppure ho visto qualche parte del film da bambino. Oppure no.

Macunaima è un C-movie del '69 tratto da un romanzo del padre del modernismo brasileiro Mário de Andrade, e impregnato di simbolismi socio-politici "rivoluzionari" tipici dell' epoca: è recitato in portoghese da attori dall'aria piuttosto improvvisata, e accompagnato da ritmi ballabili-nostalgici vintage e canzonette insopportabili; ma solo per una scena come questa

vale tutta la pena d'essere visto.

Giudizio: stranho.


The expendables di S. Stallone (2010)

è un film girato dal vecchio Sly con una manica di colleghi forzuti come Jason Statham, Dolph Lundgren, Jet Li, Mickey Rourke, Eric Roberts, e con un paio di particine per Bruce Willis e Arnold "Governator" Schwarzenegger; la maggior parte avviati alla pensione, il che stende una patina opaca di malinconia plastificata su questa missione esplosiva, ultra-violenta e già vista almeno trentaquattro volte. Le scene migliori:


Giudizio: expendable.

24/09/10

The body electric

Stavo interessandomi a The body electric (ElectroGiustificamagnetism and the foundation of life), un'opera che promette di svelare qualche mistero sull' effettivo ruolo della cosiddetta elettricità nell'essere, umano e non, ma la lunga sequenza di mostruosi esperimenti a danno delle salamandre, durante lo studio della loro misteriosa capacità rigenerativa, mi ha levato tutto l'iniziale entusiasmo.
Questa sera tocca -mio, e suo malgrado- a una specie tristemente nota come oggetto di simili atrocità compiute nel nome della "scienza". Il "topo da laboratorio":

Mon oncle d'Amerique di A. Resnais (1980)

impersonato in questa sperimentazione filmica da tre grandi primati:

Roger Pierre, innamorato fin da bambino di

Nicole Garcia, che ha deciso di diventare attrice vedendo recitare


e Gérard Depardieu, che invece ha preso a modello


I tre interpretano varie situazioni in cui il sapiens -inconsciamente- reagisce agli ostacoli incontrati lungo la sua strada con la medesima prevedibilità di un roditore, adottando i 4 comportamenti di base illustrati in apertura e quindi inscenati: 1.di consumo (bere, mangiare, copulare) - 2.di fuga, in alternativa a 3. combattimento e 4.di inibizione. I rispettivi modelli in bianconero dei protagonisti irrompono all'improvviso sullo schermo, come fantasmi della Grande Illusione chiamata "passato" intrappolati oltre un velo di sottile illusione cinematografica.

In questa visione apologica c'è spazio per un po' di sano surrealismo, che a qualcuno potrebbe forse ricordare il più recente Lynch:

L'esperimento di M.sieur Resnais è condotto sul set da un guest star d'eccezione, l'inventore della ibernazione artificiale e della torazina:


il prof. Henri Laborit, che viene introdotto in scena accompagnato da una anamnesi non meno burocratesca e impersonale -benché meno ordinaria- delle sue cavie umane.
Interessante, ma è ovvio fin da subito che un'opera messa in scena con tutte le intenzioni di essere un esperimento alla fine sortirà un esito adeguato, la buona riuscita di un esperimento filmico è soprattutto quella che coinvolge lo spettatore "inconsciamente", e non appellandosi direttamente alle sue facoltà critiche e analitiche -cosa che probabilmente avrà sommersi in un brodo di giuggiole molti critici di professione, a suo tempo. Ma questa è una impressione da blog, mentre la mia impressione è che l'esperimento sia stato condotto questa sera sul Vs. blogger;

il quale si firma Jasper Thompson, ma nasconde la sua falsa identità sotto il nome di Lexy Lex; mi pare di aver già menzionato su questo blog che molti dei miei concittadini mi chiamano Jean.
E quello che ho letto qui:

mi ha portato a pensare a ciò che va oltre l'esperimento di Laborit e Resnais, e oltre ogni possibile esito derivato logicamente da esso; a questa esperienza in vivo che quotidianamente riesce a ingannarci riguardo la nostra stessa natura, e la reale essenza di ciò che esperiamo come realtà in un mondo di parole. Di nuovo, il paradosso umano: di una realtà che consiste di una dimensione perennemente estinta e sempre rinnovata, come quella mnemonica.
Forse Mon oncle d'Amerique non apparirà altrettanto interessante a tutti quei lettori che non si chiamano (o vengono chiamati) Jean. Ma, in quanto esperimento, è perfettamente riuscito.
Giudizio: sperimentale.