Les quatre cent coups di F. Truffaut (1959)
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Credo di avere già scritto altrove che l'unica opera interessante de la nouvelle vague (V.) per il blogger è anche la più lontana dagli stilemi e dagli anti-dogmi de la nouvelle vague, tanto che infine sembra esserci capitata per caso, sfruttando la corrente cine-rivoluzionistica dell'epoca, e l'incontenibile flusso letterario di satira socio-logica derivato direttamente dalla penna di Queneau, autore di Zazie dans le metro. Nessun film di Malle successivo ha conservato un solo briciolo della carica innovativa e della vena sperimentale di Zazie; nessun film della nouvelle vague, del resto, è minimamente paragonabile al film-cartoon di Malle.
Né altrettanto interessante. Truffaut, uscito un anno prima con questo titolo citato infinitamente nella letteratura cinefiliaca, non fa eccezione se non per il senso di malinconia esasperante che questa pellicola trasuda, ai limiti del malessere fisico.
Semplicità è la parola d'ordine (come dice qui tale Rivette) in questa semi-biografia del regista, perfettamente riassunta da Rottentomatoes (che lo onora di un rarissimo 100% fresh) con queste parole: Intensley touching story of a misunderstood young adolescent who left without attention, delves into a life of petty crime. (SIC)
Beh, quasi perfettamente. In ogni caso, non c'è molto altro da raccontare. Anzi, proprio niente; eppure i critici americani lo trovano "fresh and piercingly honest", "Timeless and true, heartbreakingly sad", "Vibrant, visually exciting and emotionally resonant", "Engaging, moving"... E chi più ne ha.
Inutile dire che il blogger non ha colta una sola delle tante qualità decantate dai critici (nemmeno quelli Italiani) e che il film di Truffaut mi è parso a dir poco naive, mentre lo squallore degli scenari urbani e non (quella spiaggia rinchiusa...) mi ha impregnato di uno spleen tutto francese, più prossimo alla nausea che all' estasi. Credo che se lo avessi visto su un grande schermo avrei vomitato.
Nel cast figura questo Albert Rémy:
una delle facce più Galliche mai viste. Il giovane protagonista e alter-ego filmico di Truffaut in altri quattro film, Jean-Pierre Léaud, a 14 anni era già un tabagista incallito
a costo di rollarsi un pezzo di giornale per fumare
e bevitore sociale
come tutti i francesi; un ottimo modello per i suoi coetanei.
A mio personale, modestissimo ma sincero parere aveva anche la faccia un po' da culo
A mio personale, modestissimo ma sincero parere aveva anche la faccia un po' da culo
forse era meglio visto da dietro:
Il titolo del film, enigmatico e financo morbosamente fascinoso per tutto il resto del mondo, per i francesi equivale a un "diavolo a 4", oppure al nostro proverbiale "48", per indicare un putiferio.
Il mio giudizio -sibillino- giace nel titolo del post.
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