Al Cineforum Privato, nelle ultime sere ci siamo visti
Predators di N. Antal (2010)
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l'ennesimo episodio del franchise filmico già visto qualche mese fa in una copia di qualità obliqua -decente all'inizio e incomprensibile nel finale- si riconferma il prodotto dignitoso che era sembrato allora pur senza avere molto di nuovo da offire, per cui si affida ai soliti vecchi trucchi
e conta ovviamente moltissimo sulle presenze -molto sceniche- del titolo
Il fatto che la solita squadra di duri-nella-foresta si scopra essere su un altro pianeta
non modifica molto la situazione (a parte forse la respirazione?) e il Giudeo Triste Adrien Brody si difende (letteralmente) anche come guerriero pompato
ma non è la faccia più adeguata al ruolo del Marlboro-Man-contro-il-Mostro, se non per mostrare alla fine come anche un vero ebreo può sconfiggere gli alieni cattivi senza proiettili... Va bene, va bene, ci crediamo...
Anche il Morpheus pacioccone sciroccato
non è stata la migliore scelta di casting, ma questa è la mia impressione; e in quanto franchise il film va benone; se poi non esistesse niente di simile ad un franchise cinematografico le cose andrebbero meglio per tutti, ma constatato questo possiamo solo accontentarci della qualità tecnica e possibilmente del contesto che può rendere la visione più piacevole, come in questo caso.
Stranamente, su IMDB mi sono accorto di avere dato 6 stelline -la sufficienza- a questo flebile popcorn movie come allo sta-celebrato/favoleggiato pseudo-cumentario
Wo die grünen Ameisen träumen di W. Herzog (1984)
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sullo scontro culturale tra il bianco e l'unica razza che -a giudicare dal nome- abita sulla terra dal Principio (Ab Origine, appunto):
rappresentato nelle vicende dei tecnici di una compagnia mineraria incaricati di sondare un terreno sacro ai nativi dove, appunto, sognerebbero le formiche verdi; con intermezzi di ordine legale
e una caratteristica precipua della cinematografia teutonica che purtroppo tende a portare in secondo piano ogni qualità specifica dell'opera da Metropolis (V.) in poi, che è il Tedio.
Tutti noi bloggers cinefili ricordiamo il motto derivato da Lo stato delle cose (non per caso) per cui "la vita è a colori ma il bianconero è più realistico"; i Tedeschi, Wenders compreso, hanno spesso associato al realismo poetico del bianconero quello meno facilmente apprezzabile e più grigio della noia, che cerchiamo volentieri di evitare quando non stiamo guardando un film, ma che durante alcune visioni ci porta a pensare se non avremmo saputo impiegare meglio un'ora e quaranta. La risposta spesso è no, ma non è comunque il genere di pensiero che un'opera cinematografica -neanche la più stimata dalla critica- dovrebbe mai ispirare all'utenza filmica. Un film che meriterebbe 9 stelline solo per l'originalità e l'interesse dell'argomento trattato finisce per beccarsene sei perché il trattamento infine risulta, soprattutto,
barboso.
Giudizio: Teutonico.
(di questo era meglio la versione Italiana colla voce di Sandro Iovino, ma non l'ho trovata)
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