Ieri il mio buon amico -nonché cugino- M. si è presentato con un dono straordinario, una genuina Canon AE-1 che gli è capitata per le mani e di cui non avrebbe saputo che fare (se non venderla). Così, casualmente, si è realizzato uno dei miei più antichi desideri, che precedette anche l'anziano -quanto poco realistico- desiderio di una macchina da presa, alimentato da film dell'epoca come Apocalypse Now (Dennis Hopper), Under fire (Nick Nolte), e inserito in un mio sotto-genere personale, derivato direttamente dalla detective story che vissi durante i miei anni '30.
Questa idea della macchina, dello strumento meccanico portatile, è la medesima che in gioventù mi ossessionò -sempre attraverso l'ipnosi cinematografica- in forma di macchina mortifica, o arma da fuoco; per quanto mi riguarda non le considero come avrebbe fatto zio Sigmund, quali rappresentazioni o prolungamenti dell'organo sessuale ma come zio Carl, archetipi di natura esopsicologica, correlati ad una "tecnologia metafisica" di cui abbiamo soltanto qualche indizio nelle sue ramificazioni, derivazioni e riduzioni di tipo terricolo, comprese quelle oniriche.
Mi sono trovato un giorno lontano a considerare me stesso come "una macchina per vedere e ricordare"; questo oggetto permette entrambe le azioni attraverso quella del fotografo, a favore di una possibile utenza visuale che elude da subito i confini del "tempo"; in un certo modo, al di là di ogni possibile fattore sessuale, è un prolungamento di tutto me stesso, nella mia essenza umanoide. E' un desiderio che si avvera dopo (qualcosa come) trent'anni, quando il "prodigio fotografico" è ormai un gadget tra i più comuni e diffusi, e che grazie alla tecnologia digitale non richiede più l'ingombrante presenza del film e la conoscenza di concetti minacciosi come profondità di campo, esposizione, ISO o ASA... Quasi un'arte, ormai, a causa della perizia richiesta all'operatore analogico rispetto al digitale; una quasi-arte che conosco a malapena, alla quale mi avvicino tardi, e in contesto metereologicamente infausto.
Un dono davvero inatteso, speciale.
Ieri, tornando dal fotografo, dove ho comprata la batteria per la macchina e il mio primo rullino (Kodak Gold 200) ho incrociato un giovane dall'aria decerebrata, in costume da turista, a fianco di un suo simile; costui, verosimilmente in uno stato di coscienza alterato, alla mia vista ha esclamato "Ma allora dio esiste!"...
Il riferimento alla mia barba canuta è ovvio, lo stesso per cui la gente della strada mi ha variamente indicato in passato come babbo natale, Marx, Garibaldi o gesù cristo...
Ma questa volta l'uomo della strada non ha esitato nell'affibbiarmi l'epiteto peggiore, e questa volta ben consapevole del fatto che esso era ben udibile dal barbuto in oggetto. Ho degnato colui di uno sguardo, ma non di un commento. Che è venuto poco dopo, sottovoce, ma inequivocabile:
"Asshole."
La C21H23NO5, che ormai ogni utente di Google Chrome può identificare con un solo click del suo mouse, è una molecola amichevole le cui proprietà terapeutiche sono particolarmente apprezzabili durante la bella stagione, quando l'eccesso di muco e la circolazione sanguigna compromessa dal gelo non possono interferire sul delicato e impegnativo processo della sua metabolizzazione (ovvero, per reagire positivamente all'intossicazione). E' un ulteriore esempio di Instant Holiday efficace -ma non abbastanza economica- che in questo caso mi è necessario solo per non pensare ad una vera vacanza. Le previsioni del tempo non sono propizie, ma il tempo -si sa- è molto relativo. Molecola utile per non badare allo scenario, dicevo, ma inefficace quando una coppia di deficienti fa il karaoke sulla piazza cittadina. Per quello serve un paio di cuffie, e un film rumoroso, come quello fornito da mio cugino.
-- Quella che si dice una carneficina:
Rambo di S. Stallone (2008)
☻
☻
è una commedia ambientata nella giungla birmana, dove il tranquillo cobrista di professione John Rambo, noto nel mondo per le sue passate gesta cine-belliche, si ritrova a scortare lungo il fiume della morte una squadra di boy scout... L'incipit conradiano lascia subito spazio all'action movie, di cui Stallone si rivela buon direttore, oltreché protagonista di insuperabile bravura: nel ruolo della roccia è assolutamente credibile -- a parte qualche eventuale fluttuazione della pupilla.
La novità qui, si capisce fin dal primo sparo; tutto l'iperrealismo che finora aveva osato solo Spielberg nelle sue ricostruzioni iperrealistiche della guerra è nelle grosse mani dell'ultra-sessantenne culturista, e di un ottimo crew di make-up FX, davvero in gamba nel fare a pezzi la gente:
John Rambo stesso, benché noto nel mondo come ammazzatore, solo qui rivela tutte le sue potenzialità splatter finora malcelate:
e finalmente -forse su richiesta dell'utenza- rompe la routine del collo spezzato anziché il collo stesso, nel tradizionale intermezzo "intimo" con la vittima, strappandogli il gargarozzo colle mani (nude):
in una sarabanda di violenza più inedita che inaudita, che avrà certamente sorpreso -in bene o in male- i guerrafondisti fans dell'uomo-arsenale per antonomasia (in Google Chrome basta evidenziare Rambo col mouse), così come chi non lo è mai stato, ma viene ugualmente preso in contropiede dalla mole quasi-jacksoniana di mutilazioni, decapitazioni e spappolamenti vari che si susseguono qui senza un vago accenno dello humour tipicamente neozelandese di Bad Taste o Braindead.
Da cui si evince che Stallone non è neozelandese.
Dunque infine Rambo, che da noi è stato ovviamente tradotto in John Rambo -avendo noi conosciuto il personaggio nell'omonimo film che in originale era First Blood (1982)- è un film horror; ma l'orrore qui tanto realisticamente rappresentato attraverso gli effetti (speciali) delle pallottole calibro 20 e delle esplosioni è quello della guerra; di ogni guerra.
Se è possibile che un messaggio si diffonda tra le masse attraverso un film, violento a tal punto da essere definito nauseating su Rottentomatoes (dove è solo al 37% fresh) è quello stesso di Peckinpah, e lo stesso del fallimentare Stone di Natural Born Killers. Il messaggio è che la violenza fa schifo; le armi, i soldati, le guerre fanno schifo, e quelli che sono considerati eroi in questo contesto non possono che fare schifo. Non mi pare che il riferimento a qualche famosissimo personaggio del cinema qui possa essere puramente casuale. Ma potrei sbagliarmi.
La scena migliore però è quella in cui la giovane attivista/missionaria dona al protagonista un piccolo ciondolo dall'aria familiare:
Nessun commento:
Posta un commento