01/06/10

Il lungo bentornato

Chi ha seguito le mie disavventure del mese scorso, saprà che queste immagini, associate al titolo del film di questa sera:

The long goodbye di R. Altman (1973)

hanno un significato meta-cinematografico. Ma tutto sommato, qualsiasi significato si possa trovare a qualcosa, in questa sorta di film quotidiano di cui scrivo ancora qui, si può definire allo stesso modo. Se è necessario.

The long goodbye è stato uno dei miei più longevi film-culto, in quello strano momento della mia vita che furono i miei "anni '30"; e ha mantenuta a lungo una sorta di aura cultuale anche dopo quell'epoca, per il semplice motivo che non l'ho più rivisto.
Ricordavo quasi tutto

a partire dall'amicizia di Philip Marlowe con il suo fulvo coinquilino, e il suo stratagemma fallimentare per rifilargli una marca di cibo che non è la sua preferita...
Ricordavo le sue vicine di casa sempre mezze nude e strafatte e puntualmente snobbate

la sua gag di Al Jolson durante l'interrogatorio (improvvisata da Gould)

il guardiano che fa le imitazioni dei divi

e quella che può essere la scena madre, l'imprevisto, attonito suicidio dello scrittore Roger Wayde (Sterling Hayden) che cammina nell'Oceano fino a scomparire.

Qui è la presenza canina invece a rendere materna la scena, che è realistica in termini fisici: gli attori effettivamente seguono l'uomo in mare senza stare a spogliarsi, e il loro strano comportamento innesca la reazione del cane, che diviene il terzo elemento, il più notevole e udibile dei tre. Alla fine, dopo un tentativo disperato di raggiungere il suicida, sono tre animali bagnati che si trascinano sulla spiaggia.

Nondimeno, è una scena estremamente letteraria per la sua fonte Chandleriana e per l'identità del suicida, e dato il lusso hollywoodiano dello scenario, sulla spiaggia di Malibu


che era l'umile dimora di Altman, in un film fotografato da Vilmos Zsigmond che cerca di riprodurre la visione umana su pellicola e non ha una sola inquadratura fissa, sceneggiato da Leigh Brackett (che da Chandler trasse il The big sleep diretto da Hawks nel '46) si può ben considerare una Scena Madre Maiuscola. Anche se non è tra le mia preferite.

La drammatica scena del gangster Augustine che rompe una bottiglietta sulla faccia della sua amata è un po' meno drammatica dopo aver osservato questo fotogramma:


perché se la bottiglia si fosse frantumata per davvero su questa faccia in questo istante, non la vedremmo sicuramente tanto nitida, o rilassata. Un goofer troppo raffinato, forse, ma in quanto immagine subliminale avrà sicuramente funzionato nell' abbattere la soglia del pathos.

Quello che non ricordavo del film è Marlowe che insegue di corsa la sua cliente automunita per mezza L.A.

che nel 1973 sembra ancora una tranquilla cittadina costiera, come in Starsky & Hutch,

e dove i cani si fermano in mezzo alla strada e nessuno li investe -- mentre, come constateremo, questo non vale per i detective in corsa.
Non ricordavo nemmeno David Carradine dietro le sbarre

né Arnold Schwarzenegger in una scena che -guarda caso- richiede la nudità dei suoi seni poderosi:

IMDB ci informa che la minaccia di Marlowe ai poliziotti di informare l'allora governatore Ronald Reagan della loro inefficienza appare poco prima di questo incontro con il futuro "governator".
Della California, ovviamente.

The long goodbye non è più un cult-movie per il moderno blogger, è soltanto un buon film, invecchiato bene come un buon vino; ma sicuramente la sua particolarità va ben oltre i pregi di una annata cinematografica.

E anche oltre la particolarità delle circostanze di questa mia visione, possiamo paragonarla alla peculiarità della nuova parola Inglese che mi ha insegnato:
baloney: noun - (AmE) a type of sausage that is put in sandwiches, made of a mixture of meats
Sinonimo di bologna.

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