22/11/09

Il libro dei misteri


Quello che non ho scritto nel mio romanzo, nel 1996, partiva come indagine di un delitto iniquo per portare il protagonista alla scoperta di una realtà inimmaginabile, riguardo l'esistenza di forme dell'essere quasi del tutto ignote ai terricoli; tra le bozze di questo libro conservo ancora gli schizzi che rappresentano queste differenti manifestazioni, a partire da "le grandi ruote" celesti, dalle quali derivano le "cose spaziali", che a loro volta si suddividono in parti più piccole e via via più pesanti in prossimità del pianeta. Queste emanazioni grossolane comprendevano forme meccaniche, forme animali, e forme animali-meccaniche tra cui l'essere umano.

Ho iniziato a scrivere questo libro 13 anni fa, e tutto quello che ho realizzato del progetto romanzesco è qualche capitolo con l'introduzione dei personaggi -l'agente federale, la rockstar e il programmatore di computer- senza nemmeno arrivare a menzionare il fattore Altro che avrebbe infine portato il protagonista direttamente all'inferno. Il perché è ovvio: la nostra mente stenta a comprendere certe cose anche quando le vediamo con i nostri occhi, la sola idea di descriverle attraverso quella che -erroneamente- consideriamo "fantasia" è spaventosa, e oltre la mera paura esiste l'impossibilità effettiva di tradurre in sequenze logiche, pensieri/parole, ciò che appartiene alla sfera della pura intuizione, al nous, e possiamo a malapena identificare -se è proprio necessario- come "archetipi". Quelle stesse intuizioni derivate dalle poche, vaghe informazioni sfuggite o volutamente lasciate trapelare dalle "autorità" per mescolarsi nel grande calderone mediatico (dal quale ognuno attinge quello che vuole, e praticamente ogni cosa, ma non tutto) mi avevano convinto del valore delle informazioni riguardanti la realtà Altra dell'uomo, qualcosa che si oppone tanto alla sua logica materialistica quanto ai dogmi imposti dal sistema, con una probabilità infinitesimale di fallimento; di fatto, riconosco che anche nel mio caso il "grande coverup" ha funzionato benissimo, perché alla fine ho lasciato perdere il mio romanzo, e dopo una prima e ultima digressione nella saggistica alternativa ho abbandonato anche le mie velleità letterarie per dedicarmi alla diaristica e infine al blog. Questo.

Non di meno, nel frattempo svariate tessere di quell'enorme mosaico del Mistero umano e cosmico che avevo tentato di comporre -in un periodo decisamente sfavorevole della mia esistenza- si sono rivelate in maniera sempre più frequente e indistintamente suddivise tra la "fiction" (sempre più americaneggiante) e la "realtà" fra virgolette di cui partecipa l'utenza multimediale odierna.


In particolare l'altra sera, riferendomi al documentario sui migliori filmati di "ufo", riprendevo in considerazione proprio quelle "cose spaziali" che abbiamo viste a sciami circondare un aggeggio da 100 milioni di dollari (il Tether, che si è rotto ancor prima di entrare in funzione); "cose" che non saprei descrivere altrimenti, se non ricorrendo al solito, altrettanto insignificante acronimo anglosassone di "ufo", che nel caso particolare, e in ogni altro caso di simili filmati ripresi fuori dalla biosfera terrestre, appare ancor più inappropriato. Dal momento che fuori dall'atmosfera non c'è verso di camminare, l'idea stessa del "volo" è relativa all'impossibilità di muoversi altrimenti, se non con un moto che nel minuscolo spazio dei cieli terrestri è considerato il "volo".
Dire che qualcosa fuori dall'atmosfera planetaria "vola" è come dire che un pesce nel mare nuota; ma questo è un genere di "realtà" con le virgolette che può appartenere soltanto alla mente gravemente limitata dell'uomo, sicuramente non a quella del pesce, e tanto meno di chiunque, o qualunque cosa si muova nello spazio esterno.


I filmati dell'ente spaziale Americano ci mostrano "cose" assimilabili a entità cellulari, forme pulsanti con tanto di nucleo più scuro al centro, e il quadro generale che ci permette di osservare la camera dello shuttle (che dapprima credevamo dotata di un semplice filtro UV, ma oggi sappiamo essere una ben + sofisticata CCD) è simile a quello di un "brodo di coltura" che per quanto ne sappiamo è del tutto invisibile all'occhio nudo; se non altro perché difficilmente un occhio nudo si trova a guardare direttamente oltre la volta celeste. Ma capita che qualcosa si mostri anche all'interno dell'atmosfera, come vediamo qui:


La mia personale intuizione, a 13 anni dalle mie crisi letterarie più acute, e dopo un numero indefinito di visioni tutt'altro che mistiche, piuttosto meccaniche, di queste "cose" tutt'ora avvolte nello stesso mistero multimediatico e globaleggiante in cui sono immerse, è che esse siano da paragonarsi agli spermatozoi; germi vitali, e che proprio come in quel libro mai scritto da esse procedano forme via via più grossolane e pesanti, compresi quelli che dal fondo dei cieli vengono percepiti -e quindi fotografati- come oggetti luminosi, evanescenti, mutevoli. Sappiamo che i cieli sono solcati ininterrottamente da cose provenienti da ogni dove, e dirette ovunque; nel frattempo abbiamo viste anche forme di "ufo", come i grandi "serpenti" che non ci sognavamo nemmeno di vedere sopra le nostre teste, ma che sicuramente ricordano più da vicino delle forme biologiche piuttosto che meccaniche; vedremo poi come riferendoci all' antico ideale delle monadi gnostiche, intese come entità primordiali ma differenziate, questa ulteriore "incredibile realtà" fotografata appena oltre la soglia del pianeta-casa può portare il comune scrittore a identificarsi con un qualsiasi "dio", o meglio ancora, a rinnegare ancora una volta questa pericolosa ipotesi inumana che tutt'ora impregna le menti massificate.

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