Il cineforum insano prosegue con
Tetsuo di S. Tsukamoto (1989)
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un filmino in B/N di un'ora e 7 minuti in cui "the man" (ancora niente nomi, oltre il titolo) dopo un incidente stradale tende a trasformarsi suo malgrado in un deposito di ferrivecchi; e com'è evidente dall'immagine questa tendenza ha presto il sopravvento. Le sue avventure sferraglianti e metanfetaminiche prevedono varie mutazioni, un rapporto sessuale che rivela l'origine del verbo "trapanare" usato in queste occasioni, e qualche corsa supersonica in stop-motion su uno scenario urbano preoccupante, per quanto è perfetto come sfondo di questo trip metalmeccanico.
In un tripudio di cablature e saldature, protesi e prolungamenti metallici, scintille e gas di scarico, Tetsuo si dimena furiosamente tra Lynch, Cronenberg e gli anime -supportato in quest'ultimo caso dalla mimica facciale spaventosamente manga del protagonista- mentre il paradossale bianconero applicato ad una atmosfera post-industriale dà vita a visioni di bellezza ferrea, con qualche richiamo più o meno ricercato della preistoria della macchina cinematografica.
Un apologo sull'inarrestabile minaccia della Macchina, dove la saldatura definitiva tra uomo e donna dà vita ad una cosa meccanica e androgina che nel finale parte a razzo, alla conquista di un mondo da rielaborare come un motore, da convertire in uno scenario metallico, inossidabile e insensibile, a sua immagine e somiglianza. Raro, o unico esempio di surrealismo da officina, non poteva che venire dal Giappone.
Mi preoccuperò forse poi di scoprire perché diavolo si intitola "Tetsuo".
Perché tetsuo significa "uomo d'acciaio" in Giapponese, ignorantone
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