Il secondo film di oggi è un giocattolino alla memoria:
The call of Chtulu di A. Leman (2005)
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omaggio al solitario di Providence, che prima ancora della prima scena, sin dai roboanti titoli di testa del film presentato "in Mythoscope", si rivela uno Z-movie digitale da 1000 dollari e da 47', acconciato per sembrare una pellicola muta, in perenne bilico tra la chicca amatoriale e il "maroccato" (o sweded) di Be kind rewind. Gli sforzi poco convincenti degli attori per riprodurre la mimica facciale esasperata dell' epoca, e la robusta pochezza della messinscena in DV, aggravata da qualche trucchetto digitale, si scontrano con la ricercatezza di inquadrature in perfetto stile come questa:
e una colonna sonora straordinaria, sicuramente l'aspetto più notevole di questo intermezzo tra un eccesso e l'altro del cinema moderno. Ma non sono le musiche, o il lavoro di animazione stop-motion del finale
(che non dovrebbe rappresentare il solito mostro gigante, ma qualcosa di indicibile, e la cosa potrebbe riuscire difficile anche per Tim Burton con qualche milione di dollari in più) a salvare la situazione, quanto l'insieme che è nel contempo mediocre ed eccezionale, un lavoro dove la passione prevale sulla risibilità della produzione, e il fascino della pellicola antica, seppure riprodotto con il minimo indispensabile, appare l'unico in grado di restituire al mezzo cinematografico una atmosfera lovecraftiana densa di orrori cosmici. Certamente una super-produzione a colori e con effetti della DLM -Jackson docet- non può rendere lo stesso impatto mostruoso; certamente non può questo, e una via di mezzo tra i due sarebbe un interessante esperimento che nessuno, per quanto ne so, ha tentato finora. Non avendo mai nemmeno sentito parlare di questa curiosa riduzione, a cura della H.P.Lovecraft Historical Society, per oggi mi potrei accontentare; ma, per colmo della misura, offro al mio lettore il primo episodio della serie "Calls for Chtulhu":
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