Il pretesto di
Hausu di N. Ôbayashi (1977)
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è la vicenda della giovane "Angel" (che nei sottotitoli diventa chissà come Gorgeous) interpretata da Kimiko Ikegami, e delle sue sei compagne di scuola -dagli eloquenti nomi Engrish di Merody, Fantasy, Prof, Kung Fu, Sweet e Mac, alle quali l'enigmatico Mr. Togo tira un grosso pacco rivelando solo all'ultimo momento che la sorella non aprirà la pensione dove avrebbero voluto passare le vacanze estive:
(però ha una dune buggy tutta nuova)
dopo aver adottata una gattina apparentemente sperduta
e avere rispolverata la memoria della zia che abita in campagna e non vede da anni, la Ns. si autoinvita presso colei assieme alle compagne, e intraprende con esse un viaggio attraverso Fantasilandia
per raggiungere la vecchia, allegra haunted mansion
dove la donna vive sola, benché diversamente abile:
Non ci vorrà molto a capire che la vecchia signora ha intenzione di mangiarsele tutte... Ma che tutto ciò sia soltanto un pretesto lo si capisce fin dalle prime battute,
attraverso la gravità via via più patente dell'artificio scenico
dove il matte painting incombe inesorabile all'orizzonte
e una volta allestito il teatrino "maledetto" della solita casa stregata per giovani turisti incauti, esplode in un tripudio di chroma key
utilizzato ad ogni pié sospinto in un pastiche di commedia-mistery/horror-kungfu movie con intermezzi bellico-romantici e persino un paio di nudi sfuggenti, fino al vero-e-proprio bagno di sangue finale, che sgorga dal dipinto del gatto-lupo-spirito maligno
e inonda questa sorta di Overlook Nipponico avanguardista
tre anni prima della famosa "ondata di terrore" Kubrickiana. Hausu è un film strano soprattutto per chi -come il blogger- lo affronta non conoscendo altro che la nazionalità, l'anno di produzione e l'etichetta di "weird", che infine è ben meritata quanto riduttiva. L'eleganza della inquadrature e le ambientazioni vintage trasognanti da prove tecniche di colore (che paradossalmente rimandano al cinema Nordico) dapprima si sposano benone ai matte con cumulonembi estivi à la Studio Ghibli, in un apparente incipit da pink film con/per teenagers, per poi sprofondare in un vortice sempre più fumettistico -protagoniste sette stereotipi muliebri in vacanza- e tanto più splatter quanto meno "serio" (la ragazza mangiata dal pianoforte) che riesce a spiazzare continuamente, senza una caduta di tono o di ritmo.
Hausu è un piccolo gioiello filmico misconoscosciuto (almeno in Italia) e il fatto che scriva questo di un'opera Giapponese, e popolata di sole donne, può voler dire che potrebbe anche essere il più grande film mai prodotto dai tempi di Hitchcock... A parte la trama-pretesto non proprio eccelsa, ci sono almeno due buoni motivi per cui non lo ritengo tale: è Giapponese, ed è pieno di donne.
Ma il mio giudizio è comunque: iperbolico.
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