Enter the void di G. Noé (2010)
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Questo è il primo film di Noé recensito qui -dopo il greve Seul contre tous (1998) e l'infame Irréversible (2002)- a meritarsi più di uno smiley; e il motivo per cui sono tre e non quattro è che gli avanzi della macelleria, ostentata dapprima in ogni sua forma, sono relativamente pochi, e quasi tutti visti da sopra
ma ci sono, e l'insistenza dell'autore è ancora abbastanza fastidiosa da decurtare una buona parte degli effetti "astraleggianti" dell'insieme.
Allo spettatore occorre una mezz'oretta tutta in soggettiva, per ambientarsi in una Tokio notturna, digitale e fosforescente vista attraverso gli occhi di Oscar:
dall'accento inconfondibilmente Americano, e condividere con lui un breve aperitivo psichedelico
dove ancora degli effettisti Francesi sanno riprodurre con esiti di grande suggestione la mutevolezza della frattalità psichica, come pure in The Fountain (2006)... (Ma non sono gli stessi; questo è made in BUF)
Il tempo di scoprire che siamo spacciatori, e che -come capita nei film di spacciatori- il ns. migliore amico ci ha traditi, ed è già finita:
L'esperienza psichedelica -sempre in soggettiva- assurge allora, insieme colla MdP, a visione escatologica, e la suggestione è tale da rimandare a quella -più "cosmica"- del succitato The Fountain (il quale a sua volta, conoscendo di nome l'autore, potrebbe essere una conseguenza di questo); l'altro rimando inevitabile, in quanto thriller escatologico ad alto contenuto visionario, è al recente Jackson di The lovely bones; per fortuna, le affinità si limitano alla classificazione del sotto-genere.
Il film di Noé, perlopiù detestabile nelle sue prove finora visionate, è un'opera eccezionale in quanto esperienza audiovisiva; come premette Alex (un hopperiano Cyril Roy) parlando del Libro Tibetano dei Morti che ha molto previdentemente prestato a Oscar, "Death is the ultimate trip", e senza dubbio questa preview di un paio d'ore (scartando cioè la mezz'oretta di vita protagonistica iniziale) è una delle ricostruzioni più convincenti di un soggiorno terreno post-mortem che un blogger si possa immaginare.
Abbiamo visto come in Irréversible la MdP tendeva irrimediabilmente a rotolare per l'aere, fuori controllo; era l'unico fattore visivamente interessante del film, e siamo lieti del fatto che Noé abbia proseguita la sua ricerca verso l'alto -e l'altro- piuttosto che puntellare di nuovo la macchina al suolo per qualche nuova peripezia sodomitica. Oltre alla insistenza -non maniacale, ma alla lunga noiosa- sui coiti vari disseminati qua e là durante il trip, possiamo ammettere che uno dei punti deboli dell'operazione è che tanto vagare per l'aere
pur restando seduti, alla lunga stanca; e una volta immedesimati in qualche misura nel ruolo di spirito investigativo attraverso il tempo
dapprima seguendo una nuca rasata durante la sua crescita
dal tragico incidente stradale che ci rese orfani da bambini (warning, etc.)
sviluppando negli anni un legame di preoccupante strettezza con nostra sorella Linda
(che ovviamente poi trova lavoro come ballerina=)
anch'ella orfana, e poi finalmente liberi dal pondo (incenerito e saggiamente scaricato nel lavabo) attraverso lo spazio labirintico di Tokyo
e i suoi squallidi interni
dopo l'ora-e-mezza canonica da film assume le tinte fosche di una effettiva esperienza post-mortem, dove siamo già abbastanza psico-attivati da cominciare a preoccuparci per la durata del nostro soggiorno forzato in questo cine-purgatorio franco-nipponico... E' l'ansia tipica da trip, che si manifesta in misura adeguata alla verosimiglianza della visione: "Non torneremo mai più indietro? Vedremo per sempre questo film?"
Dovremo tornare ancora al simbolico "Love Hotel"
per notare che durante gli amplessi la gente emette fasci di fotoni
(financo nei rapporti orali
e immergendo infine la nostra mente libera nel grande mistero muliebre, per quella che è forse la prima scopata vista da dentro:
e in quella che sembrerebbe proprio essere nostra sorella Linda (quella che balla)
in un ennesimo, insistito va-e-vieni, potremo infine raggiungere le sue affettuose ovaie
per ricominciare tutto daccapo.
E questa è sicuramente una delle cose che il blogger cercherà di evitare con ogni mezzo in ogni possibile futura esperienza escatologica, come del resto avrebbe evitato volentieri un finale simile al termine di questo lungo trip filmico.
Giudizio: OBE.
P.S.: il Vero God's POV è ancora soltanto quello di Hitch.
P.P.S.: qui possiamo vedere la protagonista femmina Paz de la Huerta durante il provino per questa parte:
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