11/04/10

Pirateria Multimediale

La storia di

Alien autopsy di J. Campbell (2006)

è quella del videopirata londinese Ray Santilli e del suo amico Gary Shoefield, che negli USA in cerca di filmati inediti di Elvis vengono in possesso del famoso filmato di Roswell...

quello che abbiamo visto tutti in TV

Il resto è storia, si potrebbe dire, se non che il famoso filmato si disintegra quasi interamente una volta aperta la pizza, ed essendo sponsorizzati da un malavitoso ungherese fidanzato con la sua guardia del corpo giamaicano, che gira in auto con della gente chiusa nel bagagliaio e ama roteare in costume adamitico nei crop circles

(questi magiari...)

i due pensano bene di riprodurre artigianalmente il documento filmato, grazie all'amichetto della nonna di Ray che è nel ramo manichini

e al kebabista Melik, che può rimediare facilmente sangue e frattaglie, e nondimeno è pratico di "filmini amatoriali"... Detto fatto, questo è il set di Alien Autopsy:

la cronaca di un delitto multimediale che potrebbe essere effettivamente stato commesso per una questione "di vita o di morte", o più semplicemente per denaro:

Non ha molta importanza. Comunque sia, è un delitto quasi perfetto.

La vicenda, che è stata letteralmente venduta al mondo intero, ruota attorno al presunto corpo di un essere extraterrestre; questo oggetto è l'effettivo mistero delle cronache del secolo scorso, e del film del 2006. Il dubbio più grosso non è costituito dalla sua dissezione -qualsiasi cosa si può fare a pezzi- ma dalla sua effettiva presenza scenica che, per quanto sia infinitamente favorita dal ruolo di morto che interpreta l'alieno, sembra comunque essere oltre la portata dei due film-makers improvvisati. La comparsa di un manichinista di mestiere sulla scena potrebbe spiegare tutto; per il resto marmellata di lampone, sangue di porco, macinati, interiora miste e un bell' haggis in luogo del cervello

sono gli ingredienti di una ricetta che può soddisfare ogni spettatore. Per quanto mi riguarda, questo film è un divertente intermezzo durante la HitchTherapy intensiva in corso, e non fa altro che confermare quanto ho sempre pensato e ripetuto anche qui, sullo stato delle cose in fondo al cielo: che l'abito E' il monaco, che non c'è nulla di "vero" oltre ciò che noi possiamo, o vogliamo prendere per tale. Che non c'è proprio nulla, nel mondo delle parole che oggi è un mondo "multimediale", o multimediato, che possa in qualche modo definire alcunché di "reale", oltre la nostra essenziale irrealtà, e la illusione che costituisce il nostro "stato di coscienza ordinario".

Oltre i due giovani protagonisti, notissimi come "Ant & Dec" tra gli utenti TV britannici e pressoché sconosciuti qui, in Alien autopsy ritroviamo due facce di lynchiana memoria:

Harry Dean Stanton

e Bill Pullman

e su una parete vediamo appeso il poster Francese di Wild at Heart:

(Sailor et Lula)

Indizi rivelatori. Di qualcosa.

Vedendo questa perfetta riproduzione del corpo visto nel famoso filmato in bianconero nel '96,


possiamo concludere che l'amichetto della nonna di Ray e il kebabista hanno fatto un gran bel lavoro; o che il filmato di Ray è genuino, e questo stesso film è parte del Grande Coverup per screditarlo; o che invece per girarlo si siano dovuti procurare i resti di un altro disco volante schiantato a Roswell...
O qualsiasi altra cosa.

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