Mi chiedo, a volte, come avrei potuto immaginare che quel nostro innocente gioco, giocato con la piena consapevolezza dell'incoscienza dei nostri ruoli, fosse l'unica possibile realtà destinata a noi due; a me, nel ruolo di Lui? Che solo un attimo dopo nessuna secrezione delle ghiandole endocrine, mai, avrebbe potuto innescare l'ordinaria e imprevedibile follia romantica necessaria alla conservazione di una specie, e che dopo quell'unico gioco definitivo avrei imparate le regole necessarie a starne fuori, lontano, accettando la condizione inaccettabile della mia estraneità? Del mio essere blogger?
Mi chiedo, ad es., oggi: come avrei potuto?
Sembrava un passaggio obbligato, e lo è stato; e dove mi ha portato? Se non Qui, Ora?
Mi ripeto: possiamo ingannarci a proposito di tutto, ma non di quello che desideriamo.
O NON desideriamo.
Da questo sorge il problema: che il mondo non è composto di pensieri felici e buoni propositi, ma di volizione continua, moti selvaggi, passioni inesorabili. Fame e sete.
Cose che non si possono imitare.
Cose che ci sono, oppure no.
Io non sono fisicamente impotente, purtroppo. Sono fisicamente respinto da ciò che cerca di sembrare la donna oggi. A tutti i costi.
Io ero un grande romantico (all'epoca, "dark") e ho pianto mari di lacrime nere, a seguito degli accadimenti in cui naufragò il millennio passato; eppure, a volte penso, sarei ancora capace di innamorarmi di una ragazza in cardigan.
Poi ne faccio un post, lo posto sul mio blog.
Ah.
Ah.
Tutto OK.
Le 3.11, è domenica.
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