Una variante "storica" della famosa leggenda Anglosassone:
ci porta di nuovo a pensare al potere dei "media" e delle "arti" durante tutta l'Istoria, quando rivediamo lo stesso personaggio interpretato da Douglas Fairbanks, Erroll Flynn, John Derek, Sean Connery, Richard Gautier, Cary Elwes e Kevin Costner (tra gli altri) reincarnato con dovizia in Russell Crowe, che aveva già dimostrato a Scott di saper combattere in Gladiator (2000) e qui si trova in un ruolo ancora una volta in una parte che gli va un po' stretta, malgrado le critiche lo abbiano spinto ad una "crash diet" prima delle riprese... (See crash diet)
Qualcuno si chiede perché abbiano scritturato un Neozelandese per la parte di una leggenda tipicamente Inglese -- e in effetti l'accento polimorfo di colui giustifica il dilemma -- ma nessuno si chiede perché l'hanno scelto tanto grosso e improsciuttato, e con l'aria di voler sempre menare le mani...
Robin Hood è un "bel" film; una sceneggiatura abbastanza fluida con un paio di impantanamenti, poco pathos, tanto spettacolo e un finale piuttosto sciatto, ma tutto sommato funzionale, un'ottima fotografia, una grande direzione degli attori e una camionata di soldi, che vediamo ben spesi in armi e armature, costumi e arredi e navi
Il "nuovo" Robin Hood -o Robyn Hude- non è più quel simpatico, agile ladro caritatevole di cui si cantava nell'antichità qui riprodotta, ma nemmeno quello che ne era venuto fuori poi, da quando il folk lore accomunò il suo destino leggendario a quello di Richard Coeur de Lion nelle ballate popolari, fino all'avvento del cinema e alle sue svariate riduzioni che lo hanno ingigantito di volta in volta, fino a questa paradossale "ricostruzione storica" che per dimensioni ha poco da invidiare anche a quella cristiana...
Se possiamo definire questo Robin Hood, come fanno gli Inglesi, "thought-provoking", non ci riferiremo certo al possibile messaggio del film, ma alla sua posizione cronologica in quanto episodio N della serie Robin Hood, firmato da un maestro del cinema -o quasi- otto o novecento anni dopo la nascita del mito, e costato fior di quattrini; più che divertente, quello di Scott è un film realistico, addirittura verosimile, interamente basato sulle gesta di un improbabile yeoman (e non necessariamente reduce delle crociate) medievale che per qualche motivo si oppose all'autorità regale e divenne il beniamino della plebe, che per decenni lo ricordò quando era abbastanza ubbriaca per cantare le sue canzoni...
Nella ubbriacatura massiva globale dei multi-media del 2010, questo particolare eroe non ha più lo charme di Erroll Flynn o Fairbanks, ma a ben vedere nemmeno quello di Kevin Costner; è un eroe come un altro, che perdipiù non fa a bastonate sul tronco e non spacca la freccia nel centro del bersaglio... Ma ha la pretesa assurda e smisurata di essere il più vero della serie, ed è una pretesa finanziariamente tanto solida che -malgrado la pochezza del film- viene immediatamente soddisfatta dal pubblico.
Credo che infine, paragonando i precedenti:
a questo Robyn Hude
capiremo subito che il messaggio educativo degli autori rivolto ai giovani è ovvio: il "vero" Robyn aveva i capelli corti.
Anche qui, come in Blade Runner, c'è il Signor Gufo in un cameo:
Giudizio: costoso
Parola in omaggio col film:
wretch noun1 a person that you feel sympathy or pity for:a poor / a miserable / an unfortunate wretch 2 (often humorous) an evil, unpleasant or annoying person (Oxford Advanced Genie)
nel caso part., addirittura, miserable wretch
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