è un'esperienza filmica di rara fattura, dove tutti gli eccessi di Russell sono concentrati nell'atto unico della Salomé di Wilde rappresentato in un bordello al quale assiste l'Autore stesso, tra una coppa di champagne e una sveltina con una comparsa (maschile, ovviamente).
Questa è la trama del film, ma il fatto che la trama della pièce sia il remake dell'episodio biblico firmato da Wilde, e che il regista sia Ken Russell, trasformano la povertà (economica) della produzione in una miniera d'oro cinematico, anche grazie ad una messa in scena puntualmente fumettistico/lisergica e paradossalmente pomposa, e ad un cast di straordinaria bravura
su cui giganteggia la piccola principessa del titolo
interpretata da una inspiegabile persona di nome Imogen Millais-Scott; la stessa che in apertura compare come una squallida, undernourished skivvy della casa d'appuntamenti
e dà poi vita ad un capolavoro d'artifizio e malizia muliebre in cui essa incarna vivamente, sensualmente, la principessa delle pesti umane, la più iniqua e detestabile delle mocciose regali, in una serie di scenette che tra anacronismi molteplici e suggestioni archetipiche ne fanno una vera regina -tanto ignota quanto indimenticabile- del set internazionale d'ogni tempo.
(dopo un flash imprevisto di cui non sto a dire)
Questa strana donnina è uno dei pochi individui sfuggenti anche sul web (assieme alla collega Anne Carlisle) dove invece si rendono pubbliche le sue disavventure cliniche, che dipingono un quadro ancor più sconcertante del personaggio, e del titolo stesso. Il fatto che la lussuriosa e nobile marmocchia assetata di sangue sia resa con tanta efficacia da una ragazza affetta da una grave forma di diabete, che la costrinse nel '99 ad un trapianto di fegato e pancreas, e che sul set di questo stesso film fosse già quasi cieca, rendono la cosa ancor più straordinaria. Se possibile.
Non lo è forse per il blogger, che su una simile figura catastrofica -assurta alla sfera semidivina- ha scritto all' inizio del millennio, nel suo "ro-manzo" a titolo Fabula Rasa; ma al contrario della celestiale primadonna del mio racconto, la Salomè di questo film è talmente stramba nelle fattezze, e puerile nelle forme, da risultare incomprensibile e persino inquietante nella sua inesorabile, maniacale frenesia erotica. Una delle migliori interpretazioni femminili a cui ho mai avuto il piacere di assistere.
Con Ken Russell che fa il fotografo di scena Cappadocian
e questi tre micro-rabbini che ricevono tutte le dovute attenzioni, malgrado il bordello sia momentaneamente adibito a palcoscenico-set:
Se oltre alle solite -impareggiabili- qualità porno-felliniane eppure inglesissime di Russell aggiungiamo lo spessore biblico dell'origine letteraria (israeliana) grandiosamente stravolto dall' impeto poetico di Wilde (alcuni passaggi in stile pre-assiro sono davvero notevoli) e immaginiamo questo pastrocchio di raffinata eresia inscenato con sfarzo fin-de-siècle in un'atmosfera postribolare da fumetto Marvel con qualche dettaglio '80s ben riconoscibile, avremo un'idea di quello che è Salome's Last Dance, ma è probabilmente molto, molto meglio vederlo.
La mia scena preferita: King Herod scivola sul sangue della sua guardia suicida:
di plastica.
Giudizio: se l'avessi visto nel 1988, all' uscita dal cinema avrei accesa una sigaretta, avrei aspirata una boccata con avidità e avrei indugiato osservando le volute arabesche del fumo che si sarebbero dissolte placidamente nell'aria ottobrina e vuota della cittadina dormiente, pensoso.
Per fortuna non è andata così.
P.S.: il titolo del blog è quello della distribuzione Argentina
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