Forse la scena migliore di questo film è in apertura, quando dei beni personali vengono restituiti ad un misterioso detenuto che si appresta a lasciare il carcere: "1 silk handkerchief, 1 necktie, 1 watch, 1 ring, 1 gold moneyclip -with no money in it- and 1...... 'mobile' phone":
Wall Street: money never sleeps di O. Stone (2010)
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lo riconosciamo dal telefono, è proprio "Mr. Insider" Gordon Gekko, l'apologeta dell'avidità che abbiamo rivisto lo scorso agosto nel primo episodio della serie. Uscito dal gabbio, Gordon scrive un saggio sull' argomento, il cui titolo ci ricorda vagamente il suo motto "Greed is good": "
(Is greed good?)
per poi aprire la sua presentazione dell'opera: "Someone reminded me the other evening that I once said 'Greed is good'... Now it seems it's legal."
Questo diverte alquanto il suo pubblico. Ma non il sottoscritto.
Da un lato l'argomento trattato qui è di tale importanza che ci riguarda tutti, tanto chi assiste alla premiere newyorkese del film con il red carpet, quanto il blogger italiano e pirata che lo pesca dal torrent; dall'altro, è ovvio, l'unico modo di trattarlo è quello del Peter Joseph di Zeitgeist (Addendum compreso); qualunque genere di storiella ambientata nei "retroscena" dell'economia mondiale che snobbi completamente il nocciolo della questione, in cambio di un altro po' di retorica televisiva in formato cinematografico, non può davvero interessarmi.
Una di queste storielle -guarda caso- è quella del futuro genero di Gekko, e sosia di Dave Gahan
Shia LaBeouf, che sogna di aprire una "little energy company in California" per trarre elettricità dall'Oceano, e diviene un effimero protégé dello straricchissimo sfondato James Brolin (quello di No country for old men)
la cui compagnia ha silurato la sua precedente spingendo il suo ex-mentore (Frank Langella) ad un flemmatico suicidio sotto le ruote della metropolitana...
Secondo l'autore "In the background you see the 2008 crash evolving in slow motion, and you learn a lot about what was really going on in the banking world, behind the scene... What's not shown to the American people."
E' vero, quello è lo sfondo del film; quello del circo monetario colle sue belve sempre pronte a sbranarsi l'un l'altra, e con il suo gergo misterioso che ha mille parole per indicare sempre e soltanto la stessa porcheria: soldi. Per chi -come il sottoscritto- non capisce niente di titoli e azioni e share e future nemmeno nella propria lingua, alcuni dei dialoghi di questo film sono più o meno arabo con sottotitoli in cinese, anche se tutti parlano Americano. Ma comunque è così -e dal titolo si intuiva- lo sfondo è proprio (ancora) quello dell'Alta Finanza; mentre in primo piano vediamo la storiella della coppia alle prese con faccende matrimoniali e prenatali, complicata dai difficili rapporti tra la figlia e il padre ex-galeotto e miliardario, così che in un finale del tutto inatteso e commovente il futuro nonno provvederà a comprarsi un pezzetto di "futuro" per un nipote ricco e felice e son-of-a-bitch come lui... Dunque, al di là del movimentato fondale monetario di N.Y.C.
e con un po' di grafica digitale un po' meno primitiva della volta scorsa (V.)
questa dozzinale favoletta non dice proprio niente che non sia già stato propinato al pubblico (Americano o meno) in qualche salsa, ed è alquanto difficile che questa roba ci insegni "a lot" sull'abominevole sistema con cui si mungono (e macellano) le greggi religiose e politiche, attraverso un grottesco gioco del Monopoli a cui nessuno al mondo vorrebbe mai giocare.
Tranne, ovviamente, chi produce il gioco stesso.
Questa volta l'unica attrice che nella vita reale parla il vero Inglese (V. intervista con tanto di cardigan) in luogo di Terence Stamp
è la britannica Carey Mulligan, talmente brava a recitare che nel film sembra una nativa del Maryland. Ahimè.
Gekko è ancora e sempre il vecchio
Michael Douglas, non proprio in formissima, ma ritto sulle proprie gambe; mentre invece il "giovane" Charlie Sheen
sembra già sulla via della plastica facciale; o meglio, sembra indossare una maschera di Charlie Sheen di plastica, con un naso di plastica aggiuntivo... Probabilmente quello vero era finito.
Giudizio finale: una via di mezzo fra "poco" e "niente".
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