Un altro film fermo su sé stesso. Inamovibile.
Come nel successivo Du levande (V.) anche in
Sånger från andra våningen di R. Andersson (2000)
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la macchina da presa è inchiodata a terra, e anche qui le esistenze momentanee di personaggi straordinari per la loro ordinarietà si intrecciano in una continua pubblicità del nulla;
anche qui c'è chi canta, e chi suona
e di nuovo il senso preponderante è quello di un imbarazzo esistenziale squisitamente nordico, che non prevede le più tiepide scappatoie del malsano quanto temperato cinismo continentale; ancor più poetico, che non equivale a più "leggero", come ben sa l'uomo il cui figlio è impazzito a furia di poetare...
qui addirittura qualcuno rompe la quarta parete, lanciando un'occhiata fugace allo spettatore; quasi infastidita, ma che lo rende involontariamente complice di questo particolare imbarazzo filmico
I "quadri" di Andersson si succedono inesorabili, limpidi e foschi e sempre sull'orlo del surrealismo, in una città-fantasma dove tutti stanno guidando la macchina nel più grande ingorgo della storia (secondo solo a quello di Parigi in Zazie) e la popolazione è rappresentata dal suono incessante dei clacson, su sfondi semi-deserti e desolatamente gelidi, esterni o interni che siano; e la MdP, niente, non accenna minimamente a muoversi.
Fino a che, nella sequenza alla stazione, un misterioso tizio comincia a seguire Kalle, che si trova a fare il rappresentante di crocefissi dopo aver dato fuoco al suo negozio di mobili:
e soltanto allora la macchina arretra, seguendo con una dolly il loro breve spostamento sulla banchina, fino al punto in cui Kalle riconosce nello straniero il suo vecchio amico Sven:
Qualche utente su IMDB azzarda quindi l'ipotesi che SFTSF sia un film ambientato in un purgatorio, che si intende come un "piano" tra il primo e il terzo; io direi che l'elemento escatologico è piuttosto ovvio mentre non lo è l'approccio dell'autore, e la sua sola svedesità non è da sottovalutare laddove il più famoso e strepitoso surrealista filmico era (e rimane) Spagnuolo...
Songs è molto probabilmente la prima parte di una trilogia di cui Du levande è altrettanto verosimilmente la seconda;
paradossalmente meno scatenata di quella, nella sua ingombrante, corpulenta gravità ultra-terrena, mi chiedo cosa potrebbe essere la terza; forse il più grande film mai prodotto per gli schermi... ???
E chi l'avrebbe mai pensato, di un regista Svedese? Non fraintendete, non sono mai stato un fan di Bergman; questa è solo umorismo dozzinale da blogger, che corrisponde come sempre alla sua risibile realtà.
Giudizio: montagnoso (dove sia in salita che in discesa si resta sempre ad alta quota)
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