14/10/09

E non farmi più uscire

Mentre il primo freddo -un freddo primaverile, direi- mi attanaglia come una morsa, ad ogni scena in esterni di questo film


Låt den rätte komma in di T. Alfredson (2008)

mi chiedo: ma come diavolo è possibile sopravvivere in un posto simile?


Probabilmente è dai tempi della mia Grande Crisi Cinefiliaca dei primi anni '80 che non vedevo un film Svedese; per me è inevitabile pensare che se il genere del cinema Svedese non è quello del dramma psicologico à la Bergman dev'essere per forza l'horror intimista, come questo qui. Voglio dire, non è nemmeno immaginabile pensare ad una commedia, e tantomeno ad un film comico proveniente da questo Inferno Bianco. Credo che se non si è portati a riflettere profondamente sul senso della vita sviluppando nel tempo una robusta economia filosofica, come ha fatto Bergman, l'alternativa è la più sfrenata e cronica tristezza, benché la fama di questo Paese da noi sia più che altro dovuta alla facilità dei costumi sessuali (probabilmente da ricercarsi nei fattori economici legati al riscaldamento). Per quanto mi riguarda, Lasciami Entrare è sì un film dell'orrore, ma non è sicuramente quello del sangue di scena e degli effetti speciali; con l'incubo di un altro mite inverno Padano da affrontare, la sola idea di vedere paesaggi innevati e/o ghiacciati per tutto l'anno rinvigorisce la mia indole suicida. Certo io non sono nato e cresciuto in Svezia, non ho l'abitudine, né le difese per un simile scenario, ma quello che mi chiedo è: non è forse vero che il Sole è nostro Padre, l'unico dispensatore di vita su questo pianeta? Certamente sì, pertanto malgrado la mia italianità posso immaginare che l'esistenza stessa delle genti Nordiche sia profondamente segnata dalla Sua debolezza in quei remoti angoli del mondo; che gli sguardi "spenti", l'assenza di espressioni, la apparente mancanza di emotività che abbiamo osservato poco fa nel Tedesco Das Leben der Anderen, e qui vediamo aggravati in relazione alla latitudine, siano caratteristiche comuni di quelle povere genti condannate al gelo. Un freddo con il quale nascono e crescono e si riproducono e muoiono, come facciamo noi con la nostra umidità, come faranno penso gli Africani con il loro caldo torrido, etc. etc. Probabilmente è soltanto perché ora -con un certo ritardo- si comincia ad avvertire l'incombenza dell'autunno che questo fatto mi ha tanto colpito questa sera, e sicuramente ha influito sul mio giudizio critico del film.



Un'altra cosa che mi chiedo è: non è forse vero che i colori chiari riflettono le radiazioni elettro-magnetiche provenienti dal Sole, che noi esperiamo come luce e calore, mentre quelli scuri le assorbono? Allora perché mai in un Paese buio e freddo come questo la gente ha i capelli biondi e la pelle chiara? Non dovrebbe essere popolato di gente con i capelli neri e la pelle scura? Da negri? E dunque, perché gli Svedesi non vanno tutti a vivere in Africa, dove grazie alle loro caratteristiche fisiche non soffrirebbero tanto il caldo, e invece i negri Africani non se ne vanno in Svezia dove la loro pelle scura permetterebbe loro di assorbire i radi, tiepidi raggi del Sole traendone il massimo beneficio?

Valli a capire, questi Svedesi. E questi Africani.
Comunque sia, in quanto horror Låt den rätte komma in è a dir poco scarso; e ha in effetti il ritmo, il taglio, il peso e l'imprevedibilità di un classico Bergman, malgrado ci sia qualche litro di sangue in più e il personaggio ammodernato del vampiro incarnato in una delle bambine più cozze della storia del cinema. Ma è anche vero che nei suoi tempi Europei, nelle scene che sembrano trascinarsi intorpidite dal freddo, nei suoi silenzi glaciali rinforzati da algidi accordi di pianoforte, ho ritrovata una vicinanza con la genuina malinconia infantile che da molto tempo non vedevo espressa in un film, se mai è accaduto prima. Mi sovviene ora l'Americano The Good Son con Maculay Culkin (da noi probabilmente era "Mamma ho sgozzato il fratellino") dove pure la figura del bambino biondo sul paesaggio invernale era sospesa tra fatti di sangue e orribili segreti di famiglia; ma in quel caso era soltanto l'idea, quasi un suggerimento di questo sentimento antico e gravoso, che invece qui vediamo espresso pienamente secondo i già deprimenti canoni del Vecchio Mondo Cinematografico, e sullo sfondo più adeguato alla sua messinscena. Un film agghiacciante. Rabbrividisco solo a pensarci.

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