24/06/11

Arthur*

A hard day's night di R. Lester (1964)
è un titolo che vedo spesso elencato tra i Migliori Film della Storia del Cinema. Inglese, perlomeno.
Dopo aver visto Magical Mystery Tour (V.) del 1967, questo lungometraggio "promozionale" dei Fab 4 ci appare ancora più ingenuo, se possibile, in tutta la sua frenesia rivoluzionistica -ma moderata- per quanto sia facile immaginare che una tale "anarchia" audiovisiva fosse più o meno inimmaginabile all'epoca, e certamente l'idea di condividere i retro/fuori scena della più famosa rock band della storia doveva essere -e temo lo sia ancora- semplicemente irresistibile per i fans. LE fans, soprattutto. Il film è costato 500.000$ e ha guadagnati 8 milioni  già nella prima settimana.


La trama è inesistente, come in MMT la MdP vaga tra interni ed esterni seguendo i Ns. incessantemente assediati dalla calca muliebre in delirio, fra vagoni merci 


camere d'albergo, e stradine di campagna

(Dove Richard "Ringo Starr" Starkey incontra un giovane collega sfaccendato)

e capita sempre l'occasione per una bella cantata, fino al rocambolesco concerto finale

con un cameo del regista che è ancor + schivo di Mackenzie (V.) -- Lester è quello tra i due tamburi

Gag poco sensate e giochi di parole (su tutti, la risposta di Harrison alla domanda del reporter "What would you call that hairstyle you're wearing?" -- "Arthur." -- appunto*) 

(compresi i bobbies che corrono, à la Benny Hill)

si susseguono in un'atmosfera mockumentaria -che allora chiamavano "cinema-verità"- divertita e rockeggiante; mentre in MMT la figura dell'"adulto" toccava allo "zio di Ringo" qui c'è il "nonno di Paul", interpretato da 

Wilfrid Brambell

che tutti gli Inglesi conoscevano come lo Steptoe del serial Steptoe & Son (da cui poi l'Americano Sanford & Son); per chi non conosca questo dettaglio, e il fatto che il protagonista del telefilm fosse spesso additato come "dirty old man", il riferimento ricorrente a colui come "very clean man" può apparire incomprensibile... finché non lo si legga qui su IMDB

La cosa migliore del film -al di là dell'occasionale svago e del valore documentario- è la fotografia in B/N di Gilbert Taylor (quello di RepulsionDr. Strangelove), la peggiore è senz'altro lo Scouse imperante nei dialoghi, che per il povero blogger rende obbligatori i fastidiosi sottotitoli; la reazione "campanilistica" di McCartney all'idea del doppiaggio non risolve la poca comprensibilità (tra le caratteristiche principali del peculiare accento Britannico la velocità è quella che ti frega) di alcune battute, e in effetti per qualcuno può essere meno ostica la parlata dei cowboys; d'altro canto, l'audio non è meno prezioso del video in quanto documento, e i 4 di Liverpool che parlano un Inglese mid-Atlantic (che rendeva universalmente comprensibili molte produzioni fino al millennio scorso) apparirebbero a dir poco inverosimili...
La solita nota a proposito degli Eletti, fortunamente unica, riguarda questo breve dettaglio:

ottimo esempio di product placement

e a questo pro non possiamo dimenticare che il manager dei Beatles si chiamava Epstein.
Giudizio: SO '60s.

Il mio rapporto personale con i Fab 4 è stato di completa, beata ignoranza per più di 3 decenni, con l'occasionale incontro multi-mediale involontario che è inevitabile per ogni consumatore del settore intrattenimento; solo verso la fine del primo decennio del 2000 ho iniziato ad apprezzarli, ma non prima di averli incontrati in uno stranissimo episodio onirico in cui i quattro non avevano le fattezze arcinote al resto del mondo (quelle multimediali, appunto) e nondimeno erano proprio quei famosi quattro... Essendo un salotto lo scenario del mio sogno, con un divano in primo piano, questa sequenza in una camera d'hotel mi è apparsa altrettanto stranamente familiare:


Un altro rimando onirico degno di nota, benché non riguardi i protagonisti ma la scenografia, si trova in questo passaggio di un mio vecchio Liber Somni: "Passo sotto i portici, e attraverso un largo taxi londinese [...] Non mi fermo solo perché c’è la mia donna a bordo; entro da una portiera ed esco dall’altra."
Questo è esattamente quello che fanno i Beatles in questa sequenza:


fuggendo dalla solita orda di femmine in calore; il fatto che si tratti proprio di un "largo taxi londinese", assieme all'evento non meno desueto dell'attraversamento del veicolo, mena seco lo stesso dilemma insolvibile di Malpertuis (V.): è nato prima il sogno o il sognatore?
E, soprattutto: chi se ne importa?

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