Questo film
Il segreto del bosco vecchio di E. Olmi (1993)
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è talmente famoso che ne ho trovato una sola -pessima- copia nel torrent, e su IMDB troviamo il commento di un unico Utente Filmico -- Americano!
Tratto da un'opera ecologica ante-litteram di Buzzati, è abbastanza fantastico da permettermi di usare a proposito l'aggettivo che ultimamente va per la maggiore qui nel mio blog, di fiabesco; che è sicuramente l'aggettivo adatto allo spirito dell'opera letteraria, ma purtroppo non alla legnosità del film, che è un film alla vecchia maniera ma è soprattutto un film della terza età, senza il benché minimo guizzo di vitalità cinematica a sostenere l'architettura surreale di matrice buzzatesca.
Buzzati scrisse il suo breve romanzo nel 1953, quando nel Belpaese cominciavano a intravedersi i primi segnali del consumismo importato dagli USA che avrebbero presto portato al "boom" dei '60 e al cataclisma industriale, assieme alla piaga psico-sociale della TV (qui simboleggiata forse dalla primordiale radio a valvole). Benché sembri un'epoca lontanissima, in cui forse la gente credeva ancora di più alle stesse favole in cui crede oggi, l'Autore adottò lo stratagemma di assimilare ad ogni albero del suo bosco una entità (o genio) tanto misteriosa quanto in apparenza del tutto umana; nella riduzione per il grande schermo, inevitabilmente, queste entità sono interpretate da gente in carne ed ossa, come il vecchio Sallustio:
E in questa figurazione antropocentrica è facile per me scorgere l'errore madornale, del voler indurre ad una seria riflessione sulla salvaguardia del proprio habitat con tutta la sua "biodiversità" il cittadino alfabetizzato (o catodizzato) attraverso la pietà per un suo simile; il fatto è che un bosco di gente non sarebbe affatto accogliente, sarebbe una minaccia anziché un riparo e non produrrebbe ossigeno neanche per un moscerino. Anzi. Sarebbe soltanto un altro posto da evitare, come ogni centro abitato. Per tutto quello che hanno fatto, e continuano a fare gli umani, il mio problema è l'opposto; che per rendermi simpatico un Sallustio qualsiasi sarebbe necessario farmi credere che è un platano di professione.
Immagino che non sia lo stesso per la maggioranza, e sicuramente non lo è nemmeno per uno che -ironia della sorte- di nome fa Olmi. In ogni caso, sostenuto da una bella fotografia di Dante Spinotti e dalle note piuttosto ligetiche di Franco Piersanti, il film si lascia vedere fino alla fine anche trasformato in un divx dalla compressione quasi offensiva; il problema è che in 134' non riesce a darmi l'emozione di 2 minuti in un bosco qualsiasi, e questo non è un mio problema.
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