13/01/11

Mexico cinico

Vorrei poter dire che


Batalla en el cielo di C. Reygadas (2005)
mi è piaciuto; perché la totale insofferenza, la inesorabile fermezza di questo film nel suo aire è paragonabile solo a quella del grande Andersson, così come la bruttezza dell'insieme di ambienti e personaggi (qui grassi e sudati messicani in calore, in luogo di insipidi, algidi e s-morti svedesi) tra cui ci troviamo proiettati malvolentieri, a partire dalla gelida fellatio in apertura


rimanda a quello stesso imbarazzo filmico che ha subito portato film come Sånger från andra våningen (V.) e Du Levande (V.) ai primissimi posti della mia personale Top Ten cinematografica.
Ma è soltanto un'impressione, forse evocata dai rimandi alla (ben più genuina) Cinico TV di Ciprì e Maresco  e presto l'insistenza sulla repellente, eccessiva carnalità




(che vedrei bene con una "Yellow sweat" di Beck in sottofondo) distanzia questi due universi fino a rivelare tutto l'universo del blogger tra loro rendendoli indefinitamente distanti, assolutamente incompatibili; e se Andersson è tra i primissimi Reygadas, matematicamente, dev'essere molto prossimo al fondo.
E' soprattutto quell'omicidio documentario, intravisto, à la Haneke, che capita in mezzo, a togliermi ogni dubbio sulla effettiva gravità della situazione



che poi scorre via immediatamente verso la più compiaciuta e inerte retorica morale: non è un film-verità ma non è nemmeno fiction, e da questo punto in poi, malgrado le sue arie da impressionismo hardcore non vale più di un documentario sul degrado di Mexico City, o del più improbabile telefilm horror; dopo un infinito, difficile istante in bilico tra le due cose, precipita nel vuoto. Se non avessi saputo nulla dell'autore, avrei detto che è Batalla en el cielo è l'esordio coraggioso di uno studente di cinema che farà parlare di sé. Grazie a IMDB sappiamo che Reygadas è al suo secondo lungometraggio; e tanto mi basta per non vedere il terzo.
Tantomeno, il primo.

Una menzione speciale per la signora Bertha Ruiz; l'altra sera ho deglutito all'apparizione di Kathy Bates senza veli in About Schmidt (V.);


non avevo proprio idea di quello che mi aspettava.

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Questo è un argomento che in genere preferisco evitare anche qui, ma una cosa soltanto vorrei lasciare scritta sulle donne, e sulla mia personale esperienza con esse: che l'unico possibile motivo per cui in passato mi sono trovato invischiato con alcune di loro -e una di loro in particolare- era la mia completa IGNORANZA.
E l'unica cosa che sono stato in grado di imparare dalla loro conoscenza, senza alcun dubbio in proposito, è che era molto meglio non conoscerle affatto. Per quanto mi riguarda, non è una di quelle lezioni che devono essere ripetute più di una volta. Dopo 13 anni di lontananza, sono sempre più convinto di aver presa l'unica decisione giusta a questo riguardo; l'unica cosa che si possa mai imparare delle donne, è di starci il più lontano possibile.

Purtroppo, è anche la stessa che ho imparato tempo addietro sugli uomini.

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P.S.: a proposito di Andersson, ho pubblicato su YT Härlig är jorden, perché è qualcosa che tutti dovrebbero vedere, e perché ancora non c'era una versione sottotitolata; eccolo qui

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