21/10/09

Surrogati Umani

Immaginiamo un mondo in cui chiunque se lo possa permettere (in termini economici) svolge le proprie attività quotidiane restando disteso in vestaglia e ciabatte, attraverso una "periferica esterna" tridimensionale, la quale può simulare l'utente psichico anche nella fisionomia -variamente abbellita- o meno; è il mondo che ci presenta questo film, dove anche un poliziotto veterano e solito a prenderne un sacco e una sporta durante le sue avventure filmiche, Bruce Willis, in quanto agente di pubblica sicurezza ha un suo doppione sintetico -elegante e biondissimo- che lo impersona durante il lavoro.... Ma, ci credereste?

Surrogates di J. Mostow (2009)
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Anche in queste condizioni di fantascientifico ozio il buon Bruce riesce a farsi massacrare...
Non può proprio a farne a meno.
Surrogates è un buon film di fantascienza "tradizionale", che non si pone il traguardo ideale e hitchcockiano di assomigliare ad un fumetto, essendo basato appunto su una "graphic novel" di cui non conoscevo l'esistenza. Ed è un buon film, al di là di ogni merito artistico, tecnico e tecnologico, dal momento che può indurre l'utente filmico a riflettere sulla nostra condizione umana, di interfacce fisiche e tridimensionali di una Entità perlopiù ignota, che nel migliore dei casi può sviluppare una qualche coscienza di sé oltre l'illusione materiale attraverso lo studio della tradizione esoterica o, più verosimilmente, attraverso la visione di un film di fantascienza con Bruce Willis. E' lo stesso discorso affrontato con Matrix, ridimensionato e antropizzato nella figura del doppio artificiale che del resto è da decenni un tema caro alla letteratura fantastica; non si tratta quindi di un "mondo finto" ma dei suoi finti abitanti, manichini ambulanti in grado di svolgere -presumibilmente meglio- le attività pratiche e mondane dei cittadini che nel frattempo giacciono in una comoda oscurità; in quest'ottica, che gli altri oggetti in scena siano soltanto simulazioni tridimensionali o "reali", non fa alcuna differenza... Del resto, una casa è più o meno "reale" di un edificio costruito per sembrare una "casa", se escludiamo quella "realtà" di cui consistono i suoi abitanti in un determinato luogo di una città (un mucchio di case)? ... Etc., etc.



Il Profeta anti-robot, interpretato da Ving Rhames, uno dei nasi più importanti del cinema moderno;
le sue parole ci ricordano ancora una volta quanto sia piccola la differenza tra WORLD e WORD, e tra LIFE e LIE


La grande differenza tra i surrogati artificiali, non-biologici, del film, e ognuno di noi -di cui come al solito useremo come esempio il poco fantasioso scrittore- consiste nella grave limitazione nella nostra consapevolezza, in questa condizione che ho già menzionata prima come "incoscienza controllata"; in primis, nella incapacità di identificare la fonte psichica (o "anima") come qualcosa di unico e differenziato, oppure assoluto e indeterminato, o qualcosa che unisce e separa al contempo queste possibili sfere al di là del principio del "Campo Unico" di cui sicuramente ogni entità individuale partecipa; sono quesiti che in genere riguardano più da vicino l'escatologia che non la cinematografia, benché lo stesso Bruno sia interprete di quello che è ormai un classico del meta-genere thriller escatologico, The sixth sense.

Anche in questo caso, indaghiamo la possibilità dell' Essere Altro offerta dal mezzo cinematografico, in un contesto paradossalmente già ben rodato in cui l'Altro è lo stesso umano, in alternativa ad un artefatto che ne riproduce le fattezze. Dubito che qualche sceneggiatore di Hollywood possa riunire le tematiche di Matrix con quelle di Surrogates, e degli svariati thriller escatologici prodotti nel frattempo, per offrirci una visione definitiva e completa della nostra condizione di attori sulla scena mondiale, ma per il momento possiamo approfittare anche di questa visione per espandere la nostra mediocre conoscenza del nostro essere umani; o perlomeno possiamo lasciarlo fare a chi scrive un blog.


"Face off, baby!"; nel campo dell'estetica robotica un peeling estremo consente
all' operatrice di intervenire sul volto della cliente in tutta comodità

Concludo osservando che il film-fenomeno più atteso del momento rimane Avatar di Cameron, il cui titolo non lascia dubbi sulla sua appartenenza a questo meta-filone dell' "Altro"; sicuramente le sue implicazioni "aliene" non aumenteranno le possibilità dell'utenza di mettere un minimo ordine in questo mosaico apparentemente privo di incastri; ma è un altro prezioso indizio del fatto che l'umanità -volente o nolente- tende a considerare con interesse crescente ogni realtà "non-ordinaria" (usando il gergo ufficiale) che la riguardi, oltre la Mera Apparenza di cui oggi consiste il nostro mondo. Quel posto "in fondo al cielo", come diceva quel tale, "dove l'abito E' il monaco".


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