22/10/09

Il giorno in cui la Terra diventò un fermo immagine


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è un vero capolavoro, soprattutto se visto a breve distanza dai + banali -quanto pittoreschi- lavori dell'epoca; e in part., dopo la visione del rude Bamboo Saucer, prodotto vent'anni dopo, ma che sembra un prodotto di vent'anni prima. Oserei dire che The day the Earth stood still è un film elegante, privo di forzature e trovate ad effetto, com'è subito evidente dall'alieno di Michael Rennie con il suo aspetto più-che-umano, lontano anni luce da tutte le gommosità tentacolari dell'epoca, così come del fedele Gort, una figura che intimorisce, ma non spaventa


e ha un design assolutamente moderno ancora oggi

Per non parlare dell'abitacolo del disco, talmente futuristico che il particolare della tastiera di plexiglass illuminato internamente verrà usato ancora in 2001: a space odissey (1969) durante la famosa scena della "morte" di H.A.L.


(una tastiera che non dev'essere nemmeno sfiorata)

Un film tanto bello che sessant'anni dopo sembra un remake stilistico del genere di The man who wasn't there, ma che purtroppo ha subìto un remake vero e proprio molto facile da dimenticare, nel 2008 (dove solo il ciclopico robot mantiene in parte l'eleganza dell'originale).
Nondimeno, è un'opera che all'interno di questa maratona dell'Altrofilm mi ricorda la mia illusoria quanto inesorabile cattività in fondo ai cieli; il sentimento di malinconia abissale dello straniero in un mondo straniero:


espressa in questa memorabile sequenza dell'Alieno che cerca casa a Washington, D.C.
Anche in questo caso, la scelta di una persona pressoché ignota al grande pubblico è stata determinante per la buona riuscita di un film con uno sconosciuto per protagonista.
Indimenticabile anche la poco hitchcockiana, quanto suggestiva, soundtrack fra violoncelli e teremin, del grande Bernard Herrman.

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