18/10/09

Earth - La Terra che calpestiamo

Citiamo di nuovo per l'occasione il Prof. Thompson, secondo il quale "Il motivo per cui un pianeta coperto per 3/4 d'acqua è stato chiamato "Terra" è da ricercarsi nella caratteristica precipua dei suoi abitanti umani, che è la stupidità". Senza dimenticare poi che ricercando questo motivo è inevitabile trovarlo puntualmente, con tutto ciò che ne consegue.


Earth di A.Fothergill e M.Linfield (2007)
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Che questa sia "la nostra Terra", come recita il sottotitolo Italiano, è ancora tutto da stabilire, ma a questo punto è lecito dubitare che lo si potrà mai fare; senz'altro la frase introduttiva del film è una madornale fanfaronata tipicamente terricola:
"Fra tutti i pianeti del nostro univerZo ce n'è solo uno in grado di permettere la vita"...
Basterebbe questa notizia, tra le poche non insabbiate dalla NASA e anzi pubblicata sul suo sito, a smentire questa affermazione. E anche questa dovrebbe far sorridere, di fronte alla più primitiva forma di buon senso; ma non è così, lo sappiamo. E del resto abbiamo già concluso altrove che non si può pretendere troppo da una specie che ha deciso di ri-battezzare il Tutto con una parola latina che tradotta diventerebbe "a senso unico" (uni-verso)... Ovviamente è questo l'unico verso nel quale l'uomo coevo può sperare di comprendere la realtà cosmica: il SUO.
Una frase più esatta -o meno sbagliata- sarebbe "Fra tutti i pianeti del nostro universo ce n'è solo uno in grado di permettere la vita UMANA"; oppure anche "basata sul carbonio", aggiungendo poi "per quanto ne sappiamo"... Ma per ora accontentiamoci di sapere che la Terra ruota intorno al Sole, e che probabilmente non è piatta; poi si vedrà.

Ci chiediamo comunque perché lo speaker di una super-produzione Disney ci debba parlare del "Zole" e di come senza di esso "tutto quello che conosciamo sarebbe diverzo"... (ad es., morto) Immagino che il primo passo al corso di dizione sia stato di sostituire l'articolo "il" a "er"... Scopro poi che si tratta di Paolo Bonolis. Tutto ok, allora; ma si può considerare un valido sostituto di James Earl Jones?


Nella "classica" scena slo-mo del ghepardo che caccia l'antilope, resto ancora una volta colpito dalla "umanità" dei felini predatori, la cui prima mossa davanti alla loro preda inerme e pronta per essere divorata è di soffocarla immediatamente; una delle tante buone qualità animali che trasformano la parola "umanità" in un'offesa.

(E certo, anche perché una zoccolata di antilope sul muso fa male, ma questo partecipa dell'ordine naturale da cui ci siamo distaccati)

Mi sembra quasi un peccato che abbia già visto su YouTube lo spettacolare corteggiamento di questa paradisea, così come i prodigiosi balzi del Grande Bianco a caccia di foche, e in tv, tempo fa, l'incredibile corso che le mamme balene devono fare ai figli perché imparino a respirare... sono alcune delle sequenze più originali presentate qui, della Grande Sceneggiatura Frattale che la nostra specie ha dimenticata (se mai l'ha conosciuta) e della quale può apprezzare soltanto le parti che non la riguardano, attraverso i mass-media.
Il messaggio di questo rarissimo film con un protagonista planetario non dovrebbe suonare come l'ennesimo monito ecologista, che nessun utente automunito inizierà a seguire partendo dal parcheggio del cinema per tornare a casa a piedi. Anzi, con l'arrivo dell'inverno la possibilità che quaggiù faccia sempre più caldo (come si ripete più volte nel film) è meno minacciosa che mai. Il "messaggio" dovrebbe consistere della visione in sé, uno sguardo esteso sulla biodiversità terrestre che per qualunque cittadino appare "fuori dal mondo" e non ha bisogno di alcun commento; direi anzi che la miglior colonna sonora è quella in presa diretta, di quei suoni che assieme alle immagini abbiamo -e avremo- in generale ben poche occasioni di esperire dal vivo. Anche in questo caso dunque il modello di Microcosmos rimane imbattuto, grazie alla "tradizione" disneyana della tradizionale voce-off che accomuna questo "kolossal" sulla natura non-umana a qualsiasi altro documentario in circolazione. E a proposito di "biodiversità", mi assilla il pensiero che un attore afro-americano e protagonista di un famoso serial sulla schiavitù e il razzismo (nonché Darth Vader) abbia una voce tanto calda, e piacevole da ascoltare malgrado parli l'idioma Imperiale, mentre a noi tocca di sentire quella sgraziata e marcatamente borgatara di un conduttore televisivo, che sembra sempre sul punto di uscire con un "Ah pinguì... Ma va...."



Una nota merita il time lapse "mosso", che vedo qui per la prima volta; benché in teoria si tratti di un semplice movimento periodico della MdP su un binario, una ripresa panoramica lunga settimane, bisogna ammettere che dà una nuova dimensione a questa sempre sorprendente tecnica che qui ci permette di vedere -tra l'altro- singoli alberi e intere foreste cambiare di colore con le stagioni; ho appena letto che la prima a presentare il time lapse fu proprio la Disney con "Secrets of life" del 1956.

Per quanto riguarda me, le mie scene preferite sono due, entrambe piuttosto brevi:


la viva preoccupazione dipinta sulle facce di questi leoni all'abbeverata, quando si trovano circondati dalle colossali zampe in movimento di un branco di elefanti, è la prima;
l'altra è un "semplice" time lapse aereo di un immane cumulonembo che esplode nei cieli:


Ancora una volta sono le "nuvole" a darmi i brividi, più di qualsiasi fenomeno terrestre.

1 commento:

  1. comunque nella ver. or. l'introduzione recita:
    "Only One Planet In The Universe THAT WE KNOW Can Support Life"

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