Questa notte nel film La belle et la bête in ver. or. ho sentito pronunciare la parola cauchemar; come per ogni parola mai sentita prima, è una occasione per riflettere ancora una volta sulla realtà impossibile del mondo di parole, ma in particolare è l'assonanza con l'inglese night-mare che mi ha portato questa mattina alla ricerca dell'etimologia del termine, con qualche risultato degno di post.
Qui su Google Libri tale Gilbert Durand nella sua opera Le strutture antropologiche dell' immaginario si riferisce paradossalmente al cavallo come cavalcatura favorita dei forieri di morte (ingl. mare, cavalla) che rimanda al "demonio ippomorfo tedesco, la mahrt, la cui etimologia è comparata da Krappe al vecchio slavo mora, la strega, al vecchio russo mora, lo spettro, al polacco mora e al ceco mura, che non sono altro che il nostro cauchemar"; quando si parla di "coincidenza" non si può parlare di logica, o parole, vedendo qui citato nella stessa pagina proprio Cocteau con il suo Orphée, e le sue motociclette in guisa di moderni cavalli. In ogni caso scopriamo qui che anche nell' "antico alto-tedesco" mahra "significa stallone e viene a confondersi con l'immagine della morte nel radicale ariano mar.", che Freud qui citato accomuna ovviamente a mère. Lettura interessante, ma ci porta un po' troppo lontani dall'oggetto principale; per noi è altrettanto patente l'assonanza con il francese mer, e il nostro mare (lat. mar). Sul sito CNRTL leggiamo: Le second élément est l'a. pic. mare (1285-1300 Gloss. abavus [Marchiennes, Nord], 1407 ds Roques, p. 37 : incubus : mare), empr. au m. néerl. mare « fantôme qui provoque le cauchemar », Verdam, auquel correspondent l'ags. mare « spectre » [angl. nightmare]. Ritroviamo il temibile cavallo di morte su Equinfo: "je découvre que Mare, ou Mar, serait la francisation du mot saxon Marht, désignant un "démon nocturne se présentant sous la forme d’une jument décharnée venant peser sur le sommeil des humains"
L'inglese nightmare sembra aver sostituito il verbo cauche (lat. calcare) con la notte, mantenendo intatto il suffisso ippo-demonico: from O.E. mare "incubus," from mera, mære, from P.Gmc. *maron "goblin," from PIE *mora- "incubus," from base *mer- "to rub away, harm, seize" (cf. first element in O.Ir. Morrigain "demoness of the corpses," lit. "queen of the nightmare," also Bulg., Serb., Pol. mora "incubus;" Fr. cauchemar, with first element is from O.Fr. caucher "to trample"); qui su mostropedia troviamo altri indizi interessanti sul rapporto tra incubi e cavalli a proposito degli Alp tedeschi, e ancora "martröð (mare-ride) in Anglo-Saxon and Icelandic, mareridt (mare-ride) in Danish, mareritt (mare-ride) in Norwegian."
Inutile andare oltre; questa notte non ho avuto un incubo sopra di me, ma mi sono svegliato sputando e con l'orrenda impressione di averlo fatto sul cuscino. Non era così. Poco prima stavo descrivendo a mia madre la donna del piano di sotto, rivelando tutta la mia attenzione: "Due occhi, un naso, una bocca..."
Poi l'incubo diurno riprende, nel mondo delle parole.
quelle sopracciglia parlano chiaro: Alekan era un mentat
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