07/03/10

Sangue e amarena

Come possiamo vedere in questa scena del micro-serial a pupazzi animati Rotten Fruits (qui per intero su YouTube)


anche il succo di ciliegia che sgorga copioso da una ciliegia accoltellata a morte è finto succo di ciliegia, in una produzione di Eli Roth; non ci sorprende quindi che il sangue versato sul set di

Cabin Fever di E. Roth (2002)

sia tutt'altro che simile a del vero sangue. Lo stesso possiamo dire del cane in apertura:


se il tuo cane sdraiato nel bosco si trasforma improvvisamente in un peluche, non cercare di sollevarlo per le zampe: nella migliore delle ipotesi si aprirà a metà come un hot dog freddo (warning: spoiler) ma se invece dovesse alzarsi e seguirti, malgrado la sua evidente artificialità, sarebbe anche peggio... E' solo una delle tante nozioni utili che possiamo trarre da quest'opera.


Un' altra, è che se un regista ebreo di Hollywood compare nei pressi del falò e ti chiede se può unirsi al gruppo, sicuramente ha un sacchetto pieno d'erba in tasca, e sicuramente sa dove trovare della buona erba; ma è un'occasione che purtroppo capita solo nei suoi stessi film.

Cabin fever ha tutti i presupposti del classico teen-horror, a partire dall'età media dei protagonisti e dall' ambientazione selvatica che rimanda alla saga di Friday the 13th, e all'altrettanto cabinato Evil Dead; la novità è che il mostruoso assassino qui è un virus di qualche tipo, e alla subdola minaccia della patologia si affiancano via via dei validi alleati per rendere il soggiorno dei soliti studentelli-sprovveduti-nel-bosco il meno piacevole possibile, e possibilmente fatale.



L'unica cosa davvero spaventosa del film sono le facce di questi
rednecks... Probabilmente, tre amici del regista

Il film invece è -tutto sommato- piacevole, con i suoi pupazzi spudorati (quelle zampe di cervo nella scena dell'incidente d'auto sono quasi imbarazzanti) e il succo di ciliegia a far da sangue (forse era proprio quello ordinato anni prima per Rotten Fruits), con i suoi clichès usati e gettati lungo il percorso narrativo, e soprattutto con i suoi ritmi preistorici che ci offrono un'esperienza stranamente rilassata a dispetto del genere, in un'epoca in cui lo stile "mtv editing" va per la maggiore. Rimane piuttosto oscura la linea di demarcazione tra l'auto-ironia dell'autore e tutta l'ironia necessaria allo spettatore per dedicarsi alla visione di un simile prodotto; l'impressione è che una volta scoperte tutte le carte il film riesca a stare miracolosamente a galla fino alla fine; che l'incubo filmico vissuto dai protagonisti in questa fiera del posticcio sia soltanto un intermezzo tra i due tempi della barzelletta che inizia con la risposta del vecchio negoziante alla domanda "What's the rifle for?"


"Oh, that's for niggers"

e che finisce a tarallucci e vino, quando nel finale i clienti ritirano il fucile lucidato e oliato dal vecchio:


e sono proprio tutti negri!
(WARNING: SPOILER)

Roth ha lavorato spesso a stretto contatto con David Lynch e Angelo Badalamenti, che firma la colonna sonora di questo;


probabilmente anche lo spettatore deve dei ringraziamenti speciali ai due.

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