31/03/10

I Εξομολογήσεις

In

I Confess di A. Hitchcock (1953)

Montgomery Clift è un prete nei guai;

il sacrestano e ladro dilettante Otto (O.E.Hasse) ha ammazzato proprio il tizio che, per uno scherzo del fato, era anche il suo ricattatore; la faccenda si complica quando salta fuori anche la ex del prete, ed entra in scena

Karl Malden, uno dei più famosi piedipiatti della storia, che li vede chiacchierare...

I confess non è uno dei thriller più thrilling di Hitchock, e non è nemmeno fortemente hitchockiano; ma immagino che il finale originale ne avrebbe fatto uno dei miei film preferiti, e malgrado non appartenga al pubblico (perché modificato) appartiene alla storia del cinema.
In questo film Brian Aherne (as Willy Robertson)

parla il Vero Inglese.

29/03/10

La mort d'un poète


Orphée di J. Cocteau (1950)
☻☻

bastano degli occhi disegnati sulle palpebre per trasfigurare una donna, e renderla in questo caso Morte che osserva il suo amato dormire (credo che sia lo stesso trucco usato nel finale di The guardian del 1990)

E il fatto che gli attori si muovano "al contrario" (come in certe scene di La Belle et la Bête) su questo pavimento


ci fa venire qualche dubbio sulla genuinità delle trovate sceniche di Twin Peaks; o stiamo parlando ancora una volta di archetipi? Ma certo, stiamo sempre parlando di archetipi.
I personaggi di questo film sono perlappunto modelli universali, come lo erano i protagonisti del mito Greco (probabilmente derivato da quello Sumero di Inanna e Dumuzi). E come la Bella e la Bestia.

In ogni caso, Orphée non è un capolavoro come il precedente, e in effetti gli preferisco anche Le sang d'un poète. La sequenza degna di nota è questa, con il protagonista che segue Heurtebise all'inferno.... in una proiezione su trasparente:

Potrei girare un film intero sul trasparente. E' l'Archetipo Assoluto.

3000 miles of terror!

Al contrario di The Paradine case,

Saboteur di A. Hitchcock (1942)
☻☻☻☻

è pieno di trovate geniali e talvolta coraggiose, come il presunto essere umano (invero un tantino legnoso) che arde nell'incendio all'inizio del film; poi il protagonista si ritrova la modella appena conosciuta su vari cartelloni stradali che seguono la narrazione, suggerendogli che è seguito:

che non lo lascerà mai

e addirittura:
Ancora, durante la sua fuga il nostro si libera delle manette usando il motore di un'auto:

e si rifugia in un carrozzone di freaks:


Ad un ricevimento di spie d'alta classe da cui non ha vie di fuga, improvvisa un'asta per vendere il bracciale della sua facoltosa ospite:

in uno dei famosi paradossi hitchockiani (attirare l'attenzione per poter fuggire) che verrà poi ripreso in una situazione simile in North by Northwest.
Finalone con una sparatoria su grande schermo:

una vera nave da guerra rovesciata nel porto di N.Y.C.:


E la memorabile sequenza sulla statua della Libertà, anche in questo caso prodromo dello spettacolare "remake" di North by Northwest con il m.te Rushmore:

Insomma un film decisamente profetico, talmente avanti che il Maestro riprenderà le due trovate suddette nel 1959. Purtroppo è anche il suo primo film con un cast interamente USA, e si sente; nondimeno, sembra che il suo tradizionale cameo fu censurato, come raccontano qui.
Perciò, accontentiamoci:


28/03/10

Silly Moments

I due film di questa notte sono stati entrambi piuttosto deludenti, malgrado il primo fosse

The Paradine Case di A. Hitchcock (1947)
☻☻

che è un tipo di thriller legale, o burocratico, che non è il mio genere di thriller preferito, e mi pare che la MdP insista un po' troppo sulla presunta bellezza di Alida Valli

(nella parte della vedova Paradine) che in fotografia è spettacolare, ma a mio parere non era altrettanto cineigienica. Mi chiedevo infatti se quell'aria imbambolata e in qualche modo sinistra che avevo notata in Les yeux sans visage fosse da attribuirsi al suo ruolo e al contesto orrorifico, e qui scopro che non lo era; dunque la Valli era davvero imbambolata e sinistra, il che non me le rende particolarmente simpatica. Il migliore sul set è il grande Charles Laughton, anche se qui mi è sembrato sottotono, in una particina di contorno:

E qui abbiamo il solito P.S.:

L'altro film è un film coloratissimo, forse troppo, rispetto al grigiore del narrato:

Black Narcissus di M. Powell e E. Pressburger (1947)

pescato sulla fiducia sempre malriposta nelle top-something di internet, è una scialba storia di suore in un convento himalayano, ma girata nei mitologici Pinewood Studios di Londra; in pratica, un'opera pittorica (ispirata a Vermeer?)

che qui scopriamo essere ottenuta da stampe fotografiche in B/N colorate con i gessetti.
Con un grande matt-painter

e con questo simpatico goof (la campana multidimensionale) segnalato da IMDB:


Malgrado la delusione e la noia e/o a causa di ciò, Black Narcissus si merita un video su Youtube, un possibile "no.1" che spero abbia pochi successori:



A parte Entre Tinieblas e The devils, non credo di poter apprezzare un altro film suorense.

26/03/10

The wrong man

Dopo circa 48 ore di Astinenza maiuscola, esco per rimediare alla situazione e mi trovo così a vagare per le vie della città subito dopo cena. E' stata una giornata atmosfericamente strana; ha piovuto, finalmente, ma c'è qualcosa di talmente balzano nell'aria che nel pomeriggio ho pensato di essere tornato negli anni '80.

Cammino ancora solo per le vie buie e semi-deserte attorno al centro; mi chiedo cosa pensavo di trovare, negli anni '80, camminando solo per le vie buie e semi-deserte attorno al centro. Ho trovato sempre e soltanto quello che ho trovato oggi. Niente.

Un'auto -l'unica sulla strada- mi suona; due ragazzotti urlano qualcosa e mi fanno il dito.
Poveretti.
Certo, tirerei volentieri loro un colpo a cranio; ma sono giovani, e vivono in questa città.
Nessuno mai potrebbe trovare una punizione peggiore.

Cammino ancora solo, e penso al fatto che qualcuno potrebbe anche trovare interessante una vita all'inferno, a differenza del comune blogger; per qualcuno potrebbe essere anche affascinante.
Mi viene in mente The last picture show; è quel tipo di disperazione che ti porta a vedere il mondo in bianconero, soltanto perché almeno ti sembra di vivere in un film, anziché in un sogno.
Una disperazione cinematografica, che mi ricorda gli anni '80; quando mi fermavo a guardare i pesci negli acquari in vetrina ricordando MotorBoy. Daltonismo artistico.
Mi rattristano i pesci negli acquari e gli uccelli in gabbia, ma so bene che la mia vita non è molto diversa. Non lo è per nessuno, di fatto, e l'unica differenza tra noi è il grado di consapevolezza.

Due ore dopo questo mi ricorda Norman Bates, e il suo monologo nel salotto impagliato.
Nel frattempo ho visto


The wrong man di A. Hitchcock (1956)
☻☻☻☻

la storia del bassista di night-club Manny Balestrero (ci ricorda qualcuno questo nome?) interpretato da Henry Fonda è il secondo capolavoro che mancava alla mia videoteca.

Il Maestro qui sperimenta una forma di thriller socio-legale, attraverso uno scambio di identità che scaraventa l'integerrimo musicista e padre di famiglia in galera, e la sua dolce metà in un istituto per derelitte mentali. L'espressione perennemente innocente di Fonda è un supplizio che per una volta sostituisce la minaccia di una violenza, e fino all'ultimo minuto non è la colpevolezza tanto amata dal pubblico, ma l'innocenza insperata del protagonista, a tenere il gioco.

La bravura di Fonda viene scrutata da Robert Burks che qui si esibisce in un bianconero spettacolare, riprendendo il "vortice" di abissale disperazione in cui sprofonda Manny rinchiuso in cella con un movimento circolare e sempre più veloce della MdP

accompagnato dalle note nevrasteniche di Herrmann; e la soggettiva dei piedi durante il suo trasferimento


Alla fine vediamo anche l'Uomo Giusto, che viene giustamente incarcerato (warning, spoiler)

e scopriamo che assomigliava ben poco al povero Henry...
La cosa più notevole qui è il cameo iniziale del Maestro, il quale introduce il film assicurandoci che questa volta la storia che racconta è assolutamente vera:

Ma solo alla fine possiamo pronunciare (o scrivere) le fatidiche parole: "roba da non credere".

25/03/10

C'era una volta in TV

Il penultimo episodio della serie vede il ritorno sul set del Villaggio di Leo McKern come #2


il quale ordina un "trattamento completo" (absolute degree, con un riferimento al "3° grado" degli interrogatori, ma anche alla laurea che non hanno riscontro nel tit.it.) per #6. Tutto l'episodio si svolge quindi nella "stanza embrione" (embryo room) dove per una settimana 2 fa rivivere al prigioniero "le sette età dell'uomo", a partire dal suo rimbambimento artificiale:


prodotto nottetempo attraverso il lampadario.
Nell'appartamento sotterraneo avviene lo scontro -soprattutto verbale- tra i due, dopo che 2 si è imposto come figura paterna, e ha inizio una pantomima esasperata in cui i dialoghi sono spesso composti di soli numeri; finalmente Angelo Muscat (divenuto guest star) muove un po' le mani

e all'occasione diventa bobby

Nel finale #2, che spera ancora di avere una risposta alla domanda "perché ti sei dimesso?" (ricordiamo ancora, resigned, che sta anche per rassegnato) ricorre all'arma finale: whisky di malto.

Ne basta un goccetto; poi 6 rinchiude un 2 ormai sulla soglia dell'esaurimento nervoso nella gabbia a lui destinata;


il n.2 muore (alert: spoiler).

E' l'episodio più sinceramente nonsense dell'intera serie, il più spudoratamente ludico (ricordiamo che to play sta per "recitare" come anche per "giocare") scritto e diretto da McGoohan, che si era ovviamente montato la testa ma non avrebbe mai tradita la causa del suo #6 e l'atmosfera pregna di turistica assurdità coatta del Villaggio; l'ebbrezza di potere catodico, e la fascinazione pseudo-onirica dell'architettura drammatica di cui è prigioniero danno vita ad uno stravagante spettacolo che ricorda un happening, e che -ricorda lo stesso in qualche documentario- portò davvero l'antagonista/spalla McKern sull'orlo della crisi di nervi.

All'arrivo del Supervisore (Peter Swanwick) nella scena finale, il quale gli chiede cosa desideri, 2 risponde laconicamente: "Il n. 1"; "L'accompagno", risponde quello.

Il set della "stanza embrione" viene abbandonato:


Questa prima visione apocalittica che introduce l'ultimo episodio rivela già tutto quello che può pretendere di sapere lo spettatore: che è prigioniero di una messinscena senza nulla di simile ad un significato, o una risposta, oltre quelli che ritiene valga la pena di cercare. O peggio, di trovare. Dunque il titolo originale di questo episodio (da noi "Le sette età dell'uomo") non solo mi ricorda che l'ho visto per la prima volta 30 anni fa (circa) ma che probabilmente da allora ho questa medesima impressione del mio stato in fondo ai cieli.

Be seeing you.

24/03/10

Monkey Face

Qualche tempo fa ho sognato una donna (bionda) con la faccia da scimmia; quest'immagine mi ha ossessionato per qualche tempo, e credo che in effetti quel sogno mi abbia insegnato qualcosa di molto importante, benché non ricordi altro. Malgrado la mia grave cinefilia e la mia grande ammirazione per Hitchcock, allora non sapevo che il nomignolo con cui Cary Grant chiama Joan Fontaine in

Suspicion di A. Hitchcock (1941)
☻☻☻☻

è proprio Monkey Face (anche nella versione radiofonica del '42, con Brian Aherne e Joan Fontane). E' uno dei pochi Hitchcock che mancavano alla mia lista, e adesso me ne vergogno talmente tanto che tutti gli altri sono già in download.

In Suspicion (che indica il sospetto e non un sospettato) Hitchcock aveva intenzione di trasformare la più simpatica e brillante star di Hollywood in un assassino, e uxoricida. Da quanto possiamo leggere qui, la stessa Fontaine dice che dopo una preview il finale fu cambiato, il pubblico "semplicemente rifiutava" Cary Grant in quel ruolo; oppure, che gli studios (RKO) non potevano accettarlo. Comunque sia, quello che ho visto questa sera è un altro capolavoro (per me) sconosciuto del Maestro, attraverso il quale ho riscoperto il suo genio incontrastato e ho rinnovata la mia stima nei suoi confronti.

Per tutta la prima parte vediamo una commedia quasi-Americana (ma parlata perlopiù in Inglese) dove Cary Grant è il solito Cary Grant delle commedie Americane, e anzi il suo Johnny è il personaggio più scanzonato, spensierato, irresponsabile e infingardo che ci si possa immaginare, il protagonista perfetto di una grande commedia, come solo Cary Grant avrebbe potuto essere (si pensi a His Girl Friday o Arsenic and old laces, solo per dirne un paio)...

Solo con il secondo tempo ci ricordiamo il titolo del film, quando il sospetto che Johnny abbia fatto fuori il suo vecchio amico Beaky travolge la sua adorabile sposina, e continua a crescere fino all' inatteso (anche per il regista, a quanto pare) finale;

il famoso latte illuminato dall'interno

Allora il Cary Grant diventa un'arma filmica ancora più potente, appena oltre la convenzionalità della sua + nota immagine solare, o meglio, stellare, e tutta la stravaganza del suo personaggio si trasforma in un indizio della sua vera natura di ipocrita (dal gr. attore); allora ogni ombra che passa sul suo volto assume un'altra significato, ed è facile intuire che dietro la maschera (in lat. persona) del mattacchione si nasconde un matto vero e proprio, un folle omicida pronto a far fuori il suo più caro amico e la sua stessa moglie per denaro, che ovviamente sperpera alle corse dei cavalli.

Fino alla corsa in auto a velocità folle sullo strapiombo, quando il gioco si scopre per quello che gli spettatori -o gli studios- hanno voluto che fosse; una commedia degli equivoci con un tocco del miglior thriller, e con un grande Cary Grant ingiustamente sospetto (warning: spoiler).

Infine, la domanda è: sarebbe davvero stato meglio il finale di Hitchcock?
Non che mi importi molto, vedere un Hitchcock mai visto prima per me è un regalo regale, senza pari al mondo. Non avrei proprio potuto chiedere di meglio.

P.S.: